Bertolotti (Ispi): “Israele-Hezbollah? Conflitto possibile. E sulle parole di Erdogan…” – ESCLUSIVA

Claudio Bertolotti, ricercatore dell’Ispi, in esclusiva ai nostri microfoni sulla situazione tra Israele e Libano e sulle parole di Erdogan contro Netanyahu.

La situazione tra Israele e Hezbollah continua ad essere sempre più tesa. Lo scenario di un conflitto non è da escludere anche se a livello diplomatico si sta cercando di evitare lo scoppio di una nuova guerra.

Esclusiva Bertolotti Israele Hezbollah
Alta tensione tra Israele e Hezbollah – cityrumors.it – foto Ansa

Di questo, ma anche delle dure parole di Erdogan contro Netanyahu, ne abbiamo parlato in esclusiva con Claudio Bertolotti, ricercatore dell’Ispi.

Bertolotti: “L’invasione di terra di Israele non è da escludere”

Esclusiva Bertolotti Israele Hezbollah
Uno palazzi distrutti – cityrumors.it – foto Ansa

Dottor Bertolotti, tra Israele e Libano tensione sempre più alta. Quale scenario possiamo immaginare per i prossimi giorni?

Il governo ha ricevuto il mandato parlamentare per attuare una risposta proporzionata all’attacco ricevuto. Nei prossimi giorni potremmo aspettarci una escalation sul piano politico, una accelerazione su quello diplomatico con il coinvolgimento degli attori principali a livello regionale e globale. In primis da parte gli Stati Uniti nei confronti di Israele come supporto e nei confronti del Libano inteso come pressioni sul governo finché riduca la presenza di Hezbollah in prossimità della linea che teoricamente dovrebbe essere demilitarizzata. A fronte di questo scenario, che è estremamente verosimile, dal punto di vista pratico non è facile definire lo scenario più probabile. A livello di possibilità l’opzione militare diretta da parte di Israele è concreta. In termini di probabilità forse meno in quanto Tel Aviv è già impegnata a Gaza. Però bisogna dire che è avvenuto un disimpegno delle unità terrestri soprattutto nel Sud della Striscia. Quindi scenario dei prossimi giorni: accelerazione politico-diplomatica e ridefinizione dell’opzione a danno di Hezbollah nel caso in cui il governo libanese non dovesse riuscire ad imporre un arretramento della presenza militare nella parte Sud del Paese”.

Dobbiamo attenderci un’invasione di terra da parte di Israele in Libano?

L’invasione israeliana nella parte Sud del Libano è possibile. Possiamo considerarla anche probabile perché l’azione di Hezbollah è andata a mobilitare l’opinione pubblica israeliana portandola ad una posizione di sostegno nei confronti di una azione militare. Israele ha saputo stupirci nel corso degli ultimi mesi anche a fronte dell’attacco diretto iraniano in termini di self-control basato su calcoli di opportunità politica. Rimane quindi aperta l’opzione di una invasione di terra ed è temuta e considerata verosimile da parte degli alleati. Tanto che non possiamo escludere un ridimensionamento o un ritiro del contingente delle Nazioni Unite. E’ stato pianificato, ma non è una opzione attualizzata“.

Erdogan contro Netanyahu, Bertolotti: “Parole dure, ma…”

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Erdogan – cityrumors.it – foto Ansa

Intanto dalla Turchia Erdogan ha paragonato Netanyahu a Hitler. Parole dure. Che effetto potrebbero avere sulla situazione in Medio Oriente?

Quella di Erdogan è una posizione coerente con la sua visione di politica interna ed estera della Turchia imposta dal presidente in particolar modo per quanto riguarda l’influenza a livello regionale. Un linguaggio aggressivo che però non trova una corrispondenza sul piano commerciale perché i rapporti in questo campo tra Istanbul e Tel Aviv proseguono in maniera ininterrotta. Semplicemente avvengono attraverso triangolazioni. Per esempio utilizzando la Grecia come attore di transito dei commerci turchi verso Israele. Quindi un conto è la narrazione utilizzata da Erdogan, un altro è l’atto pratico e la sostanza delle scelte economico-commerciali nei confronti di Israele. Per cui nella sostanza le affermazioni confermano la sua posizione e visione, ma non modificano gli equilibri nei confronti del Medio Oriente”.

Gli Stati Uniti hanno detto di essere pronti a scendere in campo al fianco di Israele in caso di una guerra. Siamo vicini ad un nuovo conflitto più ampio di quello attuale?

Gli Stati Uniti hanno confermato un fatto consolidato dal punto di vista storico: il sostegno indiscusso e incondizionato nei confronti di Israele, che rimane non soltanto il principale alleato a livello regionale, ma anche quello sul piano in termini di sostegno militare diretto. Una scelta coerente perché dà agli Usa una certezza di un Paese amico e di una zona sicura dalla quale eventualmente intervenire a livello regionale. Quindi nel caso dovesse concretizzarsi l’ipotesi di un conflitto tra Israele e Hezbollah, Washington sosterrebbero Israele. Lo scenario di una guerra è verosimile. L’opzione militare è concreta per quanto dal punto di vista diplomatico ci siano molte ritrosie e una posizione ferma sulla necessità di limitare questa ipotesi. Nessuno vuole un conflitto. E’ l’Iran che spinge su Hezbollah per aprire un nuovo fronte che vede coinvolto e impegnato Israele dovendo così disperdere le forze su diversi fronti. Quindi dietro a tutto questo dobbiamo guardare alla capacità di influenza e di sostegno iraniana e al tempo stesso quanto Tel Aviv è in grado di sostenere la situazione senza lasciarsi trascinare in una guerra che non vuole”.

La questione Libano allontana la possibilità di una pace a Gaza?

La questione in Libano da un lato allontana dall’ipotesi di una pace a Gaza perché vedrebbe Hamas molto interessato e sarebbe il primo beneficiario di una ipotesi di guerra aperta tra Israele e Hezbollah. Perché? Tel Aviv dovrebbe ridurre la pressione militare su Gaza e questo darebbe maggiore margine di manovra per i gruppi di combattimento palestinesi per colpire in modo più efficace le residue truppe israeliane presenti sul proprio territorio. Per tanto vi è una probabilità sostanziale di ridimensionamento dell’opzione di un dialogo negoziale tra le parti. Non avendo mai aderito ad un negoziato, Hamas ad oggi non ha nessuna interesse a diminuire la propria azione. Per conto Israele avrebbe voglia di fare un passo indietro su Gaza, ma non senza aver raggiunto gli obiettivi principali: il recupero dei prigionieri o dei loro corpi e distruggere Hamas nella sua natura militare e politica. Due cose non conciliabili e questo è il grosso problema che di fatto impedisce una soluzione negoziale tra le parti“.

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