Lo sapevate che le cartelle esattoriali hanno delle scadenze variabili e che possono andare in prescrizione? Ecco come funziona
Parlando delle cartelle esattoriali facciamo riferimento quegli strumenti di riscossione di cui usufruisce l’Agenzia delle Entrate-Riscossione per recuperare le somme che sono dovute dai contribuenti agli enti pubblici. Tra queste possiamo far riferimento a tasse non pagate, multe, contributi previdenziali, o tributi locali.
Si tratta quindi di un atto amministrativo che ha il compito di notificare al contribuente l’esistenza di un debito, andando a specificare l’importo che deve pagare, includendo anche all’interno eventuali interessi e, o, sanzioni. Si parla quindi di un vero e proprio documento ufficiale, quindi di una intimazione al pagamento.
Queste, inoltre, indicano al debitore un termine preciso di scadenza che, solitamente si aggira sui 60 giorni, per regolarizzare la propria posizione. Se il pagamento non dovesse andare a buon fine entro i termini previsti, allora potranno essere avviate anche delle azioni esecutive. Nei casi più estremi gli istituti possono procedere anche con il pignoramento di beni o conti correnti.
Si tratta ovviamente di un elemento centrale nella gestione della situazioni fiscali del nostro Paese, regolata da normative specifiche e che viene regolarizzata e gestita da normative specifiche. Anche queste, però, presentano delle eccezioni nelle loro scadenze e nelle loro prescrizioni, andiamo a scoprire quali e in che condizioni.
Quando parliamo di prescrizione della cartella esattoriale facciamo riferimento al termine legale entro il quale l’Agenzia delle Entrate o l’ente creditore può richiedere il saldo del debito. Se la richiesta arriva successivamente alla scadenza di questo debito, allora il creditore non avrà più diritto a richiederlo, facendo crollare l’obbligo di saldarlo.
Queste tempistiche, però, sono variabili in base al tipo di cartella che viene inviata e al motivo. Generalmente la durata è di cinque anni, ma questa non è una regola fissa. Per esempio non dura cinque anni se il contribuente paga una parte del debito, quindi può essere sospesa e poi ripresa.
Così anche l’invio di un atto esecutivo blocca l’iniziale prescrizione della cartella di pagamento, allungando i 5 anni. Allo stesso modo davanti alla richiesta di una rateizzazione della somma. E, infine, ci sono quelle cartelle esattoriali che hanno semplicemente tempistiche diverse per il motivo. Vediamole di seguito:
10 anni per quelle destinate a Irpef, Iva, Irap, le imposte di bollo, di registro, catastale, il canone Rai, i Contributi Camere di Commerci e la Tosap; 5 anni, invece, per i contributi Inps e Inail, Imu, Tari sui rifiuti, multe stradali, sanzioni amministrative; Infine, 3 anni per il solo bollo auto.
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