Nonostante lo scorrere del tempo nessuno potrà mai dimenticare quello che ha rappresentato per la Formula 1, e per lo sport in generale, il genio assoluto del pilota più grande di sempre
Ayrton Senna custodiva una delle virtù più rare, la semplicità tramutata in carisma. Tutti sapevano che era il più forte, il più grande e che avrebbe dominato a lungo le competizioni, ma tutti lo amavano perchè non lo dava a vedere e manteneva quella semplicità che lo rendeva unico. La sicurezza, la spavalderia in pista diventava semplicità fino a sfiorare la timidezza fuori. Ecco perchè era amato da tutti, ecco perchè resterà unico, ecco perchè a trenta anni dalla morte non lo ha dimenticato nessuno.
Nel mondo degli appassionati di motori e di Formula 1 il weekend del primo maggio 1994 viene ricordato come il più tragico di sempre. Il rocambolesco incidente di Ruben Barrichello nelle prove libere del venerdì, che uscì illeso anche se a testa in giù contro le gomme di protezione dopo la rottura di una sospensione della sua Jordan, a posteriori è sembrato il preludio a tutto. Durante le prove ufficiali muore Roland Ratzenberger, un pilota austriaco che a 33 anni coronava il suo sogno di correre finalmente in Formula 1. La rottura dell’alettone anteriore rese la sua Symtek totalmente inguidabile e l’impatto a oltre 300 all’ora in fondo alla curva Villeneuve fu fatale. Poi la domenica della gara la curva del Tamburello spense definitivamente la luce della vita di Senna.
L’inizio della leggenda
A distanza di trenta anni, ognuno di noi ricorda perfettamente cosa stava facendo quel maledetto pomeriggio 1 maggio 1994. Anche chi non era davanti alla televisione per seguire il gran Premio d’Italia sul circuito di Imola ricorda distintamente quando arrivò la terribile e scioccante notizia. Non c’era internet, non c’erano gli smartphone, men che meno i social network, ma l’incidente di Ayrton Senna fece in un attimo il giro del mondo. Impossibile da credere, impossibile pensare che possa accadere ai più bravi, ai più forti, agli invincibili e allora quando davvero questo accade, quando la morte arriva così prepotente, funesta, che non dà speranze, il mito immediatamente diventa leggenda. Senna è stato il più grande, il pilota simbolo di una generazione di eroi, che giocavano a scacchi con la morte, sfidando ogni volta qualsiasi legge della velocità a oltre 330 all’ora, pensando di essere invincibili, ma mostrando tutta la fragilità dell’essere umano.
Doveva andare così
L’incidente fu terribile e, in diretta televisiva, i pezzi in carbonio della Williams del pilota brasiliano che volavano via dappertutto hanno immediatamente fatto venire i brividi. La sorte ha voluto che una sospensione si rompesse e un piccolo tubo di metallo entrasse nella visiera del casco. Senna non riportò altre fratture, né contusioni, né altri traumi dovuti alla decelerazione. Due centimetri più in là e sarebbe scivolata via. Due centimetri più in là e sarebbe sceso dalla vettura distrutta sulle sue gambe. Ma doveva andare così, perchè lui doveva entrare nella leggenda. Il tre volte campione del mondo, il pilota temerario che sfidava la pioggia e il destino della velocità, il fuoriclasse che si era messo a fare anche a sportellate con il compagno di squadra Prost come un automobilista qualsiasi, è stato probabilmente il più grande di tutti. Dopo arriverà Schumacher, poi Hamilton, ora Verstappen, tutti molto più vincenti in termini di numero di titoli del pilota brasiliano, ma Senna era unico, ecco perchè a distanza di trenta anni da quel maledetto giorno, da quella maledetta curva del Tamburello, nessuno ha dimenticato quel momento. Perchè Ayrton non è stato solamente un grande campione di Formula 1, ma ha rappresentato un simbolo e un’icona di umanità generosità, sensibilità e ispirazione per milioni di tifosi in tutto il mondo e lungo varie generazioni.