Il decreto casa fortemente voluto da Matteo Salvini è realtà, ma cambia poco per chi ha commesso abusi, ecco perché.
Dopo mesi di attesa è stato finalmente approvato quello che può essere ribattezzato “decreto salva-casa”, che aveva tra i suoi promotori principali Matteo Salvini. Chi aveva inizialmente definito il provvedimento come l’ennesimo condono, volto a favorire chi aveva commesso una serie di scorrettezze nella costruzione di un edificio è costretto a ricredersi, questo è infatti vero solo in parte.
Su questo aspetto il Ministro era stato chiaro in più occasioni, sottolineando come il suo intento non fosse quello di facilitare chi aveva agito senza alcun rispetto delle normative in vigore. Anzi, in merito a quelle situazioni lui aveva utilizzato un’espressione che abbiamo sentito pronunciare anche in altre occasioni, ovvero “lì c’è la ruspa“.
In questo modo di vuole invece regolarizzare alcuni abusi, ma solo quelli di minore entità, che non hanno stravolto in maniera determinante il progetto originario. Il riferimento è ad alcune situazioni che appaiono piuttosto comuni, come la costruzione di un soppalco o l’inserimento di un secondo piano, ma anche alla creazione di una parete per avere a disposizione una camera in più.
Alcuni membri dell’opposizione avevano sottolineato quanto ritenessero ingiusto il decreto salva-casa, mettendo in esidenza il desiderio dell’esecutivo di salvaguardare l’interesse di chi ha commesso un abuso edilizio. Alla prova dei fatti, però, ora che il provvedimento è diventato realtà la situazione è ben diversa.
Il Mit punta a predisporre una sanatoria per le piccole irregolarità che all’epoca della realizzazione potevano essere sanate e oggi non più a causa della doppia conformità. Eliminarla permetterebbe di sanare diversi interventi, così da facilitare la vita a tanti italiani.
Sulla base di quanto stabilito nel decreto, invece, ci sarebbero alcuni lavori che potrebbero rientrare nell’edilizia libera, per cui non è quindi necessaria alcuna autorizzazione per poterli realizzare. Il riferimento è, ad esempio, alla rimozione delle barriere architettoniche, la realizzazione di vetrate panoramiche amovibili (verande) su balconi con lo scopo di mitigare sia caldo che freddo (è necessario che non comportino un aumento dei volumi e delle superfici) e l’installazione di pompe di calore sopra i 12 kW.
A questi si devono poi aggiungere come parte della sanatoria anche i soppalchi, i tramezzi, i porticati e le tende da sole montate con strutture fisse,
Cambiano anche i valori di tolleranza per il mancato rispetto di altezze, distacchi, cubatura e superficie coperta. Nel caso delle strutture con superficie fino a 500 metri quadrati attualmente è pari al 2%, ma si sale al 3% per edifici tra i 300 e 500 metri quadrati, al 4% per quelli tra 100 e 300 metri quadrati e al 5% per quelli con superficie minore ai 100 metri quadrati.
Usufruire di un condono, come è facile immaginare, non risulta essere gratuito. Non ci sono ancora certezze sui costi che si dovranno sostenere, ma da quanto trapela più la difformità è maggiore e più alto sarà il prezzo necessario a sanare.
Ora è più semplice anche la procedura da seguire per il cambio delle destinazioni d’uso degli immobili, in modo particolare per quelli che si trovano nelle aree urbane. Sono consentiti i cambi da produttivo a residenziale, anche se viene data la facoltà ai Comuni di fissare alcune condizioni specifiche. Chi lo desidera può lasciare anche i dehors installati da alcune attività per l’emergenza Covid.
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