Dopo una lunga battaglia alla fine un tumore ha avuto la meglio dell’ex cannoniere azzurro che se ne andato all’età di 59 anni portandosi dietro il ricordo di una nazione intera
Il mondo del calcio è in lutto. Negli ultimi giorni da Palermo, dove era ricoverato all’ospedale Civico, giungevano aggiornamenti non troppo rassicuranti sulle sue condizioni e oggi, Salvatore Schillaci, per tutti Totò, non ce l’ha fatta e ha perso la partita della vita contro un cancro che lo aveva aggredito da qualche anno. L’ex bomber, tra le altre, di Juventus e Inter viene ricordato da tutti gli italiani soprattutto per quel mondiale disputato in casa con la Nazionale, con cui ha vinto il titolo di capocannoniere.
La vita di Totò Schillaci è stata un esempio perfetto di redenzione calcistica. Una gioventù complicata trascorsa nel quartiere popolare di San Giovanni Apostolo, uno dei più difficili di Palermo, con il rischio concreto di prendere una di quelle strade senza ritorno e soprattutto senza futuro. Ma la passione per il calcio lo porterà poi a correre per i campetti polverosi di quella periferia prima di essere scoperto dal Messina, dove tutto è cominciato, fino ad arrivare sul tetto del mondo.
L’eroe di un popolo
Ora quegli occhi si sono chiusi per sempre. Quello sguardo incredulo che ad ogni azione, ad ogni giocata, soprattutto dopo ogni gol, cavalcava quel sogno chiamato Coppa del Mondo, ora non c’è più. Salvatore Schillaci se ne è andato a soli 59 anni per un male incurabile. Da tempo combatteva la partita più difficile, quella per la vita, ma dopo aver trascinato comunque quell’infimo avversario ai tempi supplementari si è dovuto arrendere ancora una volta ai calci di rigore. Calci di rigori che, 34 anni fa, al termine di quella maledetta semifinale contro l’Argentina di Diego Armando Maradona, cancellarono per lui, per i suoi compagni e per un’intera nazione, quel sogno cullato a lungo di diventare Campioni del mondo nel mondiale casalingo. Schillaci infatti non ha avuto una carriera facile, anzi ha dovuto penare molto per arrivare nel calcio che conta e dopo gli inizi nell’AMAT Palermo la prima svolta arriva con il passaggio al Messina nel 1982, proprio mentre gli azzurri diventano Campioni del Mondo nel mondiale spagnolo, dove in pochi anni diventa un re, perchè a suon di gol prende una squadra in serie C2, la trascina fino alla Serie B e ne diventa anche capocannoniere con 23 gol sotto la guida sapiente del boemo Zeman.
Pronto per il grande salto
Per sei milioni delle vecchie lire, quel ragazzo siciliano fino al midollo, viene acquistato dalla grande Juventus per andare a giocare in Serie A, a lottare per lo scudetto, perchè a volte i sogni possono anche diventare realtà. Una Coppa Italia e una Coppa UEFA conquistata nella prima stagione in maglia bianconera fanno esplodere definitivamente l’attaccante siciliano che, a furor di popolo, viene anche convocato dall’allora commissario tecnico della Nazionale Azeglio Vicini, chiamato a far sognare una nazione intera nella Coppa del Mondo da giocare in casa. Italia 90 non è stato soltanto un mondiale disputato nel nostro paese, bensì è stata una specie di festa nazionale, un luna park di sensazioni ed emozioni che, soprattutto per la città di Roma che aveva l’onore di ospitare le partite degli azzurri, resterà per sempre la più grande delusione calcistica, ma anche il ricordo più bello della vita. Per Schillaci il mondo si ribalta 4 minuti dopo il suo ingresso in campo, al minuto 75 della partita d’esordio dell’Italia contro l’Austria, uno zero a zero che stava diventando molto pericoloso e che viene scardinato proprio da un suo colpo di testa su cross di Gianluca Vialli. Da quel momento nascono le Notti magiche.
Notti magiche inseguendo un gol
Uno, due, tre quattro, cinque sono i gol che letteralmente trascinano l’Italia avanti nel torneo. Avversari abbattuti uno dietro l’altro grazie alle magie di un attaccante che vola alto nel cielo con la leggerezza di chi ha capito che quello è il suo momento, e non può fallirlo. I suoi occhi spiritati dopo ogni gol, un misto di emozione e incredulità, resteranno per sempre un’icona del nostro sport e del calcio in particolare. I rigori di Napoli contro l’Argentina non rappresentano certo il lieto fine della favola di un popolo intero, ma quell’ultimo gol di Totò Schillaci nella finalina per il terzo posto contro l’Inghilterra lo incorona Pichici del mondiale. Lui il suo mondiale non lo ha vinto, lo ha stravinto! Ma come se la magia aurea che trasformava ogni pallone toccato in oro si fosse persa per sempre, dopo quelle notti incredibili Schillaci non riuscì più a ritrovare quelle prestazioni e, dopo altre due stagioni non più ai suoi livelli con la maglia bianconera, accettò le lusinghe dell’Inter sperando di ripartire più forte di prima. Invece, con la maglia neroazzurra timbrò il cartellino del gol soltanto 11 volte, che lo convinsero ad accettare la proposta di trasferirsi in Giappone nelle file dello Júbilo Iwata che gli aveva proposto un contratto irrinunciabile dal punto di vista economico. Quasi 200 reti in una carriera difficile e sicuramente non banale, come non banale è stata la sua stella che ha brillato come forse per nessuno, soprattutto quando, come una cometa, ha provato a guidare un popolo intero verso la gloria eterna di un trionfo mondiale casalingo. Nessuno potrà mai dimenticare quelle Notti Magiche.