Negli allevamenti di salmone in Norvegia sono morti almeno 63 milioni di esemplari in modo prematuro: il danno economico è incredibile
Il salmone è uno dei pesci maggiormente ambiti nei mercati ittici. Sia per il gusto, che per i loro acidi grassi omega-3 e micronutrienti che fanno bene alla salute. Per questo motivo, soprattutto in Norvegia, la pesca e gli allevamenti sono attività molto frequenti. Di recente, però, quest’ultima ha subito uno stop importante. Gli allevatori hanno annunciato la morte prematura di un numero di salmoni da record. La stima si aggirerebbe intorno ai 63 milioni di esemplari. Una roba mai vista prima. Questo fatto ha innalzato al 16,7% il tasso di mortalità, mandandolo a un picco che fino a oggi non era mai stato registrato.
Una notizia pessima per quello che è considerato il più grande produttore mondiale di salmone atlantico e che rischia di creare ingenti danni economici al mercato. Il direttore del settore Salute e benessere degli animali acquatici, presso l’Istituto veterinario norvegese, Edgar Brun, ha detto ai microfoni di AFP: “La morte degli animali è uno spreco di vite e di risorse. Abbiamo la responsabilità morale ed etica di garantire loro le migliori condizioni possibili“. La causa che avrebbe portato a questi improvvisi decessi, infatti, sarebbe strettamente legata alle condizioni di salute dei pesci.
Un danno economico da evitare a tutti i costi?
Stando ad alcune analisi, i salmoni sarebbero morti a causa di malattie del pancreas, delle branchie o del cuore, oppure per lesioni subite durante l’eliminazione dei parassiti dei pidocchi di mare. Il danno subito è quantificabile con il rapporto agli incassi dello scorso anno. L’esportazione di questo pesce aveva spostato più 11 miliardi di dollari, con 1,2 milioni di tonnellate vendute. Questo significa che rimuoverne 63 milioni, equivale a una perdita pari a circa 2 miliardi. Troppo per pensare di non immaginare una soluzione ed è proprio questo aspetto a mettere sull’attenti specialisti del settore salutare e qualitativo degli animali.
Gli scienziati, infatti, hanno dimostrato che le malattie sopracitate non sono trasmissibili all’essere umano. Ragion per cui, se solitamente i pesci morti in modo prematuro venivano destinati a gatti e cani, ora si starebbe sviluppando l’ipotesi di metterli comunque in vendita nei mercati. Una decisione già, in parte, presa in passato ma che in molti sperano possa non essere replicata. A esprimere alla perfezione il pensiero collettivo è stato Trygve Poppe, uno specialista in salute dei pesci: “Se compri carne in un negozio, ti aspetti che provenga da un animale che è stato macellato in conformità con le normative e non da uno che giace morto fuori dalla stalla. Altrimenti, come consumatore ti senti ingannato“. Rispondendo a tono a chi invece sostiene questa prassi scorretta.