L’uso eccessivo di antibiotici rende i microbi resistenti e riduce, nel tempo, l’efficacia di questi farmaci. Inoltre, prendere antibiotici quando non servono espone inutilmente a effetti indesiderati
Gli antibiotici prevengono milioni di decessi ogni anno e restano il trattamento principale per le infezioni batteriche potenzialmente fatali. Tuttavia, i livelli di prescrizione inappropriati e l’uso eccessivo di antibiotici hanno portato a una resistenza che desta diverse preoccupazioni. Nel nostro Paese si continua a trattare il 28,2% di patologie come influenza, raffreddore e laringotracheiti con antibiotici, in modo inappropriato. Nel 2020 in Italia le morti per sepsi sono state 70mila, pari a 200 decessi al giorno. È il dato-bandiera che emerge dal Libro bianco realizzato dall’Osservatorio nazionale sull’antimicrobico resistenza.
La sepsi è la conseguenza di una grave risposta dell’organismo a un’infezione che danneggia tessuti e organi. Di fatto un’infezione non curata che si tramuta in setticemia, perché se non viene riconosciuta nel giro di poche ore e trattata adeguatamente mette a rischio la vita.
Emergenza abuso
Questa emergenza è legata a doppio filo alle multi-resistenze e le infezioni ospedaliere. Ogni agente infettivo può potenzialmente causare la sepsi. La resistenza agli antibiotici è il fattore determinante maggiore della mancata risposta al trattamento e della rapida evoluzione verso la sepsi e lo shock settico. Le infezioni nosocomiali sopraggiungono in circa il 5-7% dei pazienti ricoverati negli ospedali italiani (fino al 15% nei reparti di terapia intensiva), 500-700mila casi in totale, con una mortalità del 3%. Le infezioni nosocomiali si differenziano da quelle comunitarie perché sono determinate da patogeni che hanno acquisito pattern di resistenza agli antibiotici sempre più difficili da trattare. Sono 11mila i decessi annui in Italia, quasi un terzo dell’area Ue in un contesto in cui la Amr (la resistenza agli antimicrobici) è inquadrata come una delle dieci minacce per la salute umana.
Occorre cambiare l’approccio
Il cambio di passo è necessario, in tutti gli ambiti, Lord Jim O’Neill, l’economista britannico che nel 2016 guidò il lavoro che accese i riflettori sulla resistenza agli antibiotici spiega “Sono fiducioso nelle giovani generazioni e nello loro scelte di salute. L’esempio ci arriva dall’America dove hanno grande successo commerciale quanti vendono prodotti da allevamento o agricoltura senza uso di antibiotici. I modelli virtuosi, anche in Europa, ci sono e arrivano dall’Inghilterra, dalla Danimarca, dalla Scandinavia e anche dai Paesi Bassi, dove le politiche hanno favorito quell’approccio One Health responsabile che dovrebbe essere adottato”. La chiave di volta è il ricorso a strumenti diagnostici che permettano una diagnosi più precoce e precisa, in grado anche di limitare fortemente l’utilizzo inappropriato degli antibiotici. Una terapia mirata prevede infatti l’utilizzo di un antibiogramma per prescrivere gli antibiotici attivi su quelle specie batteriche e scegliere il farmaco che si ritiene più valido.
Nelle comunità determinante è l’uso di un’igiene efficace, mediante pratiche come il lavaggio delle mani, la preparazione sicura del cibo, il frequente cambio di asciugamani, il miglioramento della qualità dell’acqua e della disponibilità di accesso ai vaccini, particolarmente per tutti i gruppi di persone ad alto rischio, così come un’appropriata nutrizione, incluso l’allattamento al seno dei neonati.