La maxi-inchiesta della Procura di Torino sulle carceri colabrodo è entrata nel vivo con prime perquisizioni nella regione Piemonte
Le carceri in Italia sono un problema sotto molti aspetti. Due, forse, più di tutti gli altri: il loro sovraffollamento e la loro mancanza di controlli serrati. Se per il primo serve, però, una riforma statale decisamente più rivoluzionaria, per il secondo i primi segnali di svolta si stanno iniziando a vedere.

Detenuti con i cellulari, spaccio di droga dietro le sbarre. Attività e situazioni permesse da controlli poco rigidi della polizia penitenziaria, spesso leggera nel far accedere al carcere del materiale solo apparentemente permesso. Di storie ed esempi ce ne sono molti, tutti alla base della maxi-inchiesta che è stata lanciata dalla Procura di Torino.
Quest’ultima ha come intento quello di smascherare tutte le carceri, definite ‘colabrodo’, nella regione Piemonte, così da portare alla luce una verità che fino a qualche giorno fa giaceva nascosta nell’ombra delle prigioni. Nella giornata di ieri sono stati svolti dei controlli a tappeto all’interno delle celle dei detenuti.
Diversi istituti hanno inaugurato questa campagna di perquisizioni che ha tenuto impegnati 200 elementi tra carabinieri e poliziotti. La città di Torino è stata protagonista, a questa si sono aggiunte anche Biella, Alessandria, Vercelli e Cuneo. E non finisce qui. Nei prossimi giorni il caso potrebbe espandersi a livello nazionale.
Spaccio di droga e microcellullari
A dar continuità a questa inchiesta che ha portato la Procura di Torino a fare, solo nella giornata di ieri, ben 64 perquisizioni sono i risultati di quest’ultime. Gli indagati complessivamente sono 116. Tra questi rientrano anche familiari dei detenuti o persone esterne che da fuori collaboravano con loro.

Grazie a questi è stato permesso l’ingresso all’interno del carcere di materiale proibito. Secondo quanto riporta La Stampa, si fa ovviamente riferimento ai classici cellulari, trovati nascosti all’interno delle celle, ma non solo. Alcuni detenuti si sono ingegnati anche con apparecchiature decisamente più complesse.
Nei doppifondi delle casseruole, nelle cuciture rigide delle tute e nelle camere d’aria delle scarpe sportive sono stati trovati perfino dei microcellulari, facili da nascondere, difficilissimi da individuare. L’altro tema, ovviamente, è quello della droga e dello spaccio. Questa veniva introdotta dall’esterno sempre tramite nascondigli ben pianificati o ovuli che venivano ingeriti.
Questo era il mezzo che permetteva poi la diffusione di un giro di spaccio all’interno degli istituti penitenziari che nella stragrande maggioranza dei casi è stato individuato e bloccato. Una situazione che si è ripetuta parallelamente per più città e che inevitabilmente porta a riflessioni a livello nazionale.