E’ Natale, ma non per tutti: il cardinale Gianfranco Ravasi a La Stampa fa il punto sulla situazione a Gaza e a Kiev
Il cardinale Gianfranco Ravasi, 81 anni, presidente emerito del Dicastero vaticano della cultura e fondatore del Cortile dei gentili, non prescinde dall’attualità nel riflettere sulla festa centrale dell’anno cristiano: «Da Gaza a Kiev, potremmo intitolarlo “Natale di sangue”», ha esordito a La Stampa.
«Spesso ci sono delle guerre, ma stavolta incombono sulla Terra Santa e altri Stati come l’Ucraina. Il poeta Giovanni Abbo scriveva “Travestiti da pastori andiamo a Betlemme cianciando di grazia d’amore di pace, comunque nascondendo sotto il mantello un kalashnikov”. La nascita di Gesù è scandita dalla strage degli innocenti – ha spiegato – espressione del potere violento, come ricorda l’Erode di Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova. Gesù poi è profugo e migrante, altra componente che ritorna. Infine, la sua nascita avviene all’interno del censimento fiscale in una casa palestinese. La retorica della festa ha un suo valore perché celebra la nascita, la salvezza, la redenzione, ma anche le coordinate storiche sono quelle del Natale di sangue».
«Israele ha subito un atto terroristico impressionante, che può far comprendere la sua reazione, ma viene a mancare sempre di più la proporzionalità della risposta – ha spiegato Ravasi -. Dalla legge del taglione, occhio per occhio, si passa a una logica di vendetta. E dall’altra parte è avvenuto lo stesso con l’uccisione di innocenti e con il trattenimento degli ostaggi. Lo scacchiere è complesso ed è difficile conoscere tutti gli interventi in atto, compreso quello vaticano, ma va segnalato che esiste anche se flebile una domanda di tregua. Le religioni dovrebbero chiedere questo. E anche la cultura».
Sulle possibili soluzioni da adottare il cardinale aggiunge: «Non disprezzo l’utopia, perché la politica ordinaria non basta. Bisogna proporre qualcosa di più alto. Certo, i territori palestinesi sono separati, i coloni incombenti, e bisognerebbe ridiscutere la convivenza. Resta la speranza di una Gerusalemme divisa tra le tre religioni, dal Muro del pianto che simboleggia il Tempio, la Pietra rovesciata della Risurrezione, la Moschea di Omar. Va ribadito che queste tre pietre rimangano autonome e insieme come una collana delle religioni monoteistiche».
Ravasi commenta poi la situazione-ucraina: «Il cardinale Zuppi si è adoperato molto ottenendo per esempio l’aiuto per i bambini, ma la pace è lontana. Noi religiosi dobbiamo adoperarci per la tregua e il dialogo ed è importante che le chiese non si schierino come purtroppo accaduto in Russia».
Infine il cardinale parla di Papa Francesco, che talvolta divide i fedeli: «Esiste una corrente minoritaria, ma rumorosa, che lo critica. Il dibattito è legittimo e dura dalla divisione tra Pietro e Paolo sul rapporto col mondo pagano. Quando diventa però una critica aggressiva la trovo eccessiva. Così come esiste un’apologetica per principio. Se si dimetterà come Ratzinger? Può essere un’opzione che si ripeterà, anche se Francesco ha affermato per ora di voler procedere. La nomina è a vita, ma per il Vescovo di Roma come per tutti esiste la possibilità di dimissioni. C’è certamente un tema di età, però alcune sue idee dureranno: il dialogo, l’attenzione ai problemi internazionali e interreligiosi, la cura dei migranti».
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