Il Garante per la privacy ha avviato istruttorie sul caso della diffusione delle immagini del colloquio tra Filippo Turetta ed i suoi genitori.
Il caso è salito alla ribalta delle cronache nei giorni scorsi quando diversi media hanno pubblicato frasi ed immagini dei genitori di Filippo Turetta con il figlio in carcere. Il giovane si trova nel penitenziario di Verona in quanto accusato dell’omicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin. Il colloquio è avvenuto il 3 dicembre 2023 e solo dopo molti mesi è stato diffuso. Per molti, la sua pubblicazione non è stata di alcun interesse pubblico.
Tra le altre cose, Nicola Turetta ha detto al figlio durante il colloquio: “Hai fatto qualcosa, però non sei un mafioso, non sei uno che ammazza le persone, hai avuto un momento di debolezza. Non sei un terrorista. Devi farti forza. Non sei l’unico, ci sono altri 200 femminicidi”. Frasi per le quali l’uomo è stato costretto a scusarsi nella bufera mediatica: “Ho detto tutte quelle fesserie. Ma non le pensavo assolutamente. Non sapevo come affrontare mio figlio. Ci avevano riferito che Filippo aveva tentato di togliersi la vita”.
Per il Garante per la protezione dei dati personali, insomma, “la pubblicazione di conversazioni private, intercorse in un contesto di particolare delicatezza, quali i colloqui in carcere tra detenuti e parenti, vìola la normativa privacy e le regole deontologiche dei giornalisti“. L’Autorità ha perciò informato di aver avviato istruttorie nei confronti di varie testate. Ed ha richiamato gli organi di stampa e i social media al rigoroso rispetto del principio di essenzialità dell’informazione e della dignità delle persone coinvolte in fatti di cronaca.
Sul caso è intervenuto anche Gino Cecchettin, il padre di Giulia: “Quello che come società tutti noi, nessuno escluso, dovremmo fare è aiutare la famiglia Turetta. Questo dovrebbe essere il nostro dovere: aiutare un uomo che sta vivendo un momento di grande difficoltà, non accanirci contro di lui”. Il Codacons ha anche presentato un esposto al Consiglio Nazionale dell’Ordine dei giornalisti, al Garante per la privacy e alla Procura della Repubblica di Roma.
“È stata un’operazione – ha detto il Garante dei diritti dei detenuti della casa circondariale di Montorio, don Carlo Vinco – che al di là della sua legittimità o meno, di cui non mi compete il giudizio, è apparsa comunque come azione violenta e irrispettosa di una relazione, genitore-figlio, assolutamente intima e che dovrebbe restare privata. Le parole dette dal genitore sono senz’altro non condivisibili e sconclusionate, espresse tuttavia in una situazione di grande turbamento emotivo e psicologico“.
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