Cecilia Sala, si complicano le procedure per la scarcerazione. Nel frattempo salta l’estradizione per Abedini: Nordio ha un asso nella manica.
Cecilia Sala è ancora in carcere a Teheran. La giornalista de Il Foglio e podcaster di Chora Media si trova in stato di detenzione per aver violato la Legge della Repubblica Islamica dallo scorso 19 dicembre, ora la condizione della 29enne italiana è di dominio pubblico. Fino a qualche giorno fa vigeva un embargo su questo tragico avvenimento per cercare di portare a termine una trattativa di scarcerazione che è ancora in alto mare.
Nemmeno gli 007 italiani sono riusciti a fare qualcosa. Le ricostruzioni della vicenda portano al nome di Mohammad Abedini Najafabani, ingegnere 38enne fermato a Malpensa lo scorso 16 dicembre. L’uomo è accusato di aver violato le leggi sull’esportazione, associazione per delinquere e sostegno a organizzazioni terroristiche.
Cecilia Sala resta in carcere
Inoltre Abedini avrebbe utilizzato alcune società schermo per completare la compravendita di droni e armi ad alta tecnologia al fine di portare a termine un attentato in Giordania, a firma dei Guardiani della Rivoluzione, con i pasdaran in prima linea. Nel corso di quell’attacco hanno perso la vita 3 Marines. Operazione che porterebbe anche la firma di Najafabani.
Ora l’Iran chiede la liberazione dell’uomo che, negli Stati Uniti, rischia l’ergastolo. Il suo nome e quello della giornalista Cecilia Sala sono strettamente legati, in quanto la cronista de Il Foglio sarebbe stata usata come pedina di scambio. L’estradizione dell’ingegnere negli Stati Uniti potrebbe attivare le procedure per la liberazione di Sala.
Gli ostacoli alla sua liberazione
In gioco anche la Svizzera, la quale avrebbe un ruolo chiave in termini di possibili arresti domiciliari dell’ingegnere aspettando la richiesta di estradizione. Il legale del 38enne, attualmente nel carcere di Opera, sta preparando tutti i documenti. Gli elvetici aspettano e cercano di capire come muoversi essendo un Paese “satellite” degli Usa con cui hanno rapporti per arrivare in Iran.
L’Italia è l’ago della bilancia in questo braccio di ferro: un intrigo internazionale conclamato che vede le sorti di una giovane cronista contese all’interno di strategie socio-politiche. Lo Stivale è in prima linea – anche attraverso la diplomazia di Stato – per cercare di trovare un’intesa: l’unica certezza è l’ottima salute di Cecilia Sala, è provata ma non in pericolo di vita.
Il ruolo di Mohammad Abedini Najafabani
All’interno del carcere di massima sicurezza di Evin ha potuto parlare con rappresentanti diplomatici italiani che hanno, tra le altre cose, fatto arrivare importanti rassicurazioni alla famiglia della donna. Messaggi arrivano da tutti gli esponenti dell’informazione italiana e non solo per portare a termine una scarcerazione che sembra ancora lontana.
L’impedimento primario è legato ai tempi della concessione di estradizione nei confronti di Abedini. Servono due mesi per portare a termine le procedure burocratiche, 60 giorni di detenzione – nelle condizioni in cui versa Cecilia Sala, con poche risorse e in mezzo a persone che non parlano la sua lingua – sono troppi. Occorre percorrere una strada alternativa.
Oltre l’estradizione
La chiave di volta, in questa contrattazione diplomatica, potrebbe essere nelle mani di Carlo Nordio. Attuale Ministro della Giustizia. Un’ipotesi percorribile, infatti, è quella che porta all’articolo 718 del Codice di procedura Penale. La Legge, stando al secondo comma dell’articolo in questione, afferma che “la revoca della misura cautelare è sempre disposta qualora il Ministro della Giustizia ne faccia richiesta”.
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Dunque, se il Ministro Nordio approvasse, la liberazione dell’ingegnere iraniano dal doppio passaporto (è anche registrato in Svizzera) sarebbe immediata. In tal senso c’è un precedente dalla Russia, quando venne chiesta l’estradizione del regista ucraino Yeven Eugene Lavrenchuk che ha fondato il Teatro Polacco a Mosca. L’uomo, nella fattispecie, venne arrestato a Napoli mentre stava partendo per Tel Aviv. Fu rilasciato su richiesta dell’allora Ministra della Giustizia Marta Cartabia.
Il precedente russo
Il contesto, tuttavia, era leggermente diverso: era in corso un conflitto molto acceso tra Mosca e Kiev. Se il regista russo fosse tornato in terra natia avrebbe rischiato la propria incolumità. Tornando alla stretta attualità, qualora Nordio autorizzasse una procedura simile, non solo manterrebbe i buoni rapporti con gli Usa, ma svilirebbe anche la posizione del Ministero della Giustizia.
In quanto proprio da questo è arrivata la richiesta del mantenimento della misura cautelare sull’uomo. Subito dopo l’arresto dello scorso 16 dicembre. Un doppio dietrofront che complicherebbe la credibilità dell’organo istituzionale. Quindi proseguono le riflessioni, ma tra congetture e possibilità trovare una quadra resta un obbligo.
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Il 2024 sta per concludersi e la famiglia Sala aspetta una risposta positiva, la fiducia che amici e colleghi della donna ripongono nella Giustizia Italiana va di pari passo con quello che hanno detto madre e padre della 29enne. I quali sperano di riabbracciarla presto, ma le possibilità devono diventare atti concreti.