La Corte d’assise d’appello di Firenze ha reso note le motivazioni con le quali ha condannato per calunnia Amanda Knox.
Tutto ruota attorno ad un memoriale scritto da Knox il 6 novembre del 2007 dopo essere stata fermata per l’omicidio di Meredith Kercher a Perugia. Secondo i giudici quello scritto è “un atto di accusa nei confronti di Lumumba“. E il testo “è stato redatto spontaneamente e liberamente come confermato dall’imputata“. Lumumba ha poi trascorso in carcere quattordici giorni. Fino a quando le indagini non hanno rivelato la sua estraneità al delitto ed è quindi stato prosciolto su richiesta della Procura. L’accusa per calunnia è stata riconosciuta in tutti i processi celebrati per l’omicidio di Meredith, compiuto a Perugia la sera del 1 novembre del 2007.
Il 5 giugno scorso la stessa Corte di Firenze ha confermato la condanna a tre anni di reclusione per Amanda Knox, che ha già scontato la pena. La condanna per calunnia era già diventata definitiva. Poi la Cassazione ha disposto un nuovo esame delle accuse dopo che la Corte europea ha riconosciuto la violazione del diritto di difesa. La donna è tornata a giugno in un’aula di un Tribunale italiano tredici anni dopo l’ultima volta. Per l’omicidio di Meredith, Knox è stata assolta definitivamente nel 2015 insieme a Raffaele Sollecito per non aver commesso il fatto.
Le accuse contro Knox, rappresentante in primis dal memoriale appunto, sono state riesaminate. Per i giudici quanto ha scritto l’americana riguardo “l’urlo straziante” di Meredith quando è stata uccisa “è un fatto realmente accaduto“. Ed è una “circostanza puntualmente riportata nel memoriale”. Secondo la Corte d’assise Knox “era perfettamente consapevole dell’innocenza” di Patrick Lumumba perché “si trovava all’interno della casa al momento dell’omicidio e quindi ben sapeva che lì non c’era“. E “quell’urlo straziante che nel suo racconto le imponeva di portarsi le mani alle orecchie e di rannicchiarsi in cucina nel tentativo di non sentirlo è un fatto realmente accaduto”.
I difensori di Amanda Knox: “Difesa delle pronunce domestiche”
Gli avvocati di Amanda Knox, Luca Luparia Donati e Carlo Dalla Vedova, stanno valutando un nuovo ricorso in Cassazione. “Sullo sfondo – ha detto Luparia Donati – noto un tentativo di ridurre la portata della sentenza della Corte europea che aveva condannato l’Italia. Una difesa ad oltranza delle pronunce domestiche rispetto alle decisioni sovranazionali a tutela dei diritti fondamentali delle persone”. Carlo Pacelli, invece, difensore di Lumumba, ha affermato che “il dato oggettivo è, con certezza assoluta, inconfutabile, Amanda Knox è colpevole, è una calunniatrice e non una vittima”.
“Rimane la tristezza di non avere potuto dare giustizia completa alla famiglia di Meredith Kercher. – ha commentato l’avvocato Francesco Maresca, legale dei congiunti della studentessa inglese – Invece di chiudere tutte le porte a incertezze e interrogativi non fa che rinvigorire recriminazioni, dubbi e interrogativi che ancora si possano ricavare da questa vicenda. Evidentemente, logicamente e chiaramente c’è qualcosa che non torna. Il conflitto tra le ricostruzioni e i giudicati appare veramente importante profondo”.