La gip di Bergamo Raffaella Mascarino ha convalidato il fermo per Moussa Sangare, il 31enne reo confesso dell’omicidio di Sharon Verzeni.
La giudice per le indagini preliminare ha anche disposto per l’italiano di origini malsane la custodia cautelare in carcere accusandolo di omicidio aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi. L’udienza per la convalida del fermo si è tenuta poche ore fa nel carcere di Bergamo dove Sangare è rinchiuso da venerdì scorso per il delitto della 33enne barista, uccisa a Terno d’Isola la notte tra il 29 ed il 30 luglio. La gip Mascarino ha così accolto la richiesta della Procura della Repubblica di Bergamo.
Nel corso dell’interrogatorio di garanzia, durato due ore, Sangare ha confermato di aver ucciso Sharon Verzeni. Così come aveva già rivelato a carabinieri e Procura poco dopo che era stato rintracciato, quando è crollato. “Sono uscito di casa con quell’impulso, sentivo un feeling. Volevo e dovevo fare del male a qualcuno. Non so perché e a chi”, ha detto l’assassino alla giudice. Bisogna ricordare che la premeditazione è contestata in quanto il 31enne era uscito di casa la notte del delitto portando con sé 4 coltelli.
Lo stesso Sangare ha contribuito dopo la confessione a far ritrovare le armi e gli abiti indossati: si trovavano sulle sponde del fiume Adda sul territorio di Medolago. A Suisio, nel Paese in cui viveva, sono stati effettuati nuovi rilievi del Ris all’interno dell’abitazione che il 31enne occupava. È stata sequestrato il fantoccio di sembianze umane con cui Sangare si allenava per colpire con i coltelli. Nel corso dell’interrogatorio il killer ha dichiarato di aver tagliato la gola a una statua nel parco di Termo d’Isola. E di anche aver minacciato due ragazzi.
“Ha spiegato che alcune azioni sono state fatte nei giorni successivi”, ha detto l’avvocato di Sangare Giacomo Maj. Ovvero dal disfarsi di coltelli e indumenti, fino al taglio di capelli e alle modifiche alla bicicletta usata quella notte, per non essere rintracciato. “Non pare – ha continuato Maj – che il 30enne fosse sotto l’effetto di droga quando ha ucciso Sharon senza un motivo, solo perché sentiva il feeling di fare del male. Ovvero con queste sensazioni che lo costringevano a fare qualcosa di male ma imprecisamente, non cosa e contro chi’’.
“Questo impulso a uccidere di cui parla il giovane è tipico degli psicopatici, ad esempio dei serial killer, non dei pazienti psichiatrici. Non c’entra con la malattia mentale. C’entra con la criminalità“, ha detto il presidente della Società Italiana di Psichiatria (Sip) Liliana Dell’Osso commentando le parole di Moussa Sangare.
Nelle scorse ore hanno destato polemica le parole di Awa, la sorella di Sangare, che ha detto di aver denunciato il fratello per tre volte: “Provò ad ammazzare anche me, i nostri appelli inascoltati”. Danneggiamenti, violenza domestica, maltrattamenti. Poi, la terribile notte del delitto. “È stata un’escalation. – ha affermato Awa – Io e mia madre Kadiatou abbiamo fatto di tutto per aiutarlo. Non volevamo credere a quello che ha confessato. Con mamma siamo scoppiate in lacrime. Forse però se ci avessero ascoltate Sharon sarebbe ancora viva. Il nostro pensiero va a lei e alla sua famiglia“.
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