Le colleghe dicono addio alla squadra dopo l’arrivo di un’atleta trans, lei non si nasconde e replica alla loro scelta
Ha stupito l’intero mondo delle freccette per la sua bravura ed è stata la prima donna a vincere un torneo Challenge Tour. Ma tutto ciò probabilmente non basta ad alcune componenti della nazionale olandese per accettare in squadra Noa-Lynn van Leuven, in quanto donna transessuale. Due di queste, in particolar modo Anca Zijlstra e Aileen de Graaf hanno deciso di abbandonare il team dopo aver saputo della sua convocazione. Con due post su Facebook hanno scatenato uno scandalo che sta occupando le pagine dei giornali britannici, là dove quello delle freccette è da tempo uno sport molto popolare.
Tante le polemiche intorno a entrambe le scelte. Da una parte c’è chi critica la volontà di lasciare il gruppo delle due compagne, dall’altra chi la decisione di puntare su un’atleta trans. Appartenente a quest’ultimo gruppo sono anche coloro che disperatamente cercano di trovare un modo per dimostrare l’imparità sessuale. A tal riguardo, però, ci ha pensato il presidente dell’associazione olandese delle freccette, Paul Engelbertink: “Vogliamo essere a favore di uno sport in cui tutti si sentono a casa e tutti possono partecipare e sentirsi al sicuro. Non importa quali siano le tue origini, preferenze politiche, di genere, di orientamento sessuale, razza o religione“.
Un sostegno arrivato dunque dalle istituzioni, ma non dai social. Qui le persone hanno pesantemente preso di mira Noa-Lynn, arrivando ad augurargli addirittura la morte. Una situazione estenuante alla quale van Leuven ha voluto rispondere, intervenendo ai microfoni di NOS: “Per diversi anni non mi sono sentita più me stessa. Sono sempre stata vittima di bullismo. All’inizio ho pensato che fossi semplicemente strana, non trans. Non potevo esserlo. Ma diventavo sempre più insoddisfatta di me stessa, al punto che non volevo più vivere. Quello è stato il momento in cui ho pensato: ora posso andare in entrambe le direzioni. Posso farla finita o posso vivere come voglio vivere” – racconta senza remore – “La mia famiglia mi ha davvero supportata. All’inizio lo dissi solo a mia madre. Poi a mia sorella e mio padre. Nel frattempo, aspettavo un appuntamento in ospedale. L’assistenza ai transgender è discreta nei Paesi Bassi, ma ci sono ancora liste d’attesa di due anni e mezzo prima di ottenere il primo appuntamento con uno psicologo. Conosco alcuni che nel frattempo si sono tolti la vita e conosco molti che stanno lottando con la propria salute mentale“.
La campionessa poi torna sul tema delle freccette e della sua voglia di praticare questo sport senza preoccupazioni: “Voglio solo fare le mie cose. Ma sembra che le persone debbano per forza commentare. Spesso non leggono nemmeno ciò che è scritto. Reagiscono e basta. Adesso sto meglio, ma questi attacchi si fanno sempre più intensi. Se temo che qualcuno un giorno si rifiuterà di giocare contro di me, come è successo nello snooker? Ogni tanto ci penso, non so cosa farei. Io come tutti voglio fare quello che mi piace: giocare a freccette senza problemi“.
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