Due turiste giapponesi, costrette a pagare un conto salatissimo dopo un pranzo in un ristorante. La spiegazione dei ristoratori fa aumentare le polemiche
Andare a pranzo in un ristorante, degustare i piatti tipici della zona e ritrovarsi a pagare un conto salatissimo, è un’esperienza difficile da dimenticare. Un vero e proprio incubo per tutti. Negli ultimi anni, anche grazie alla diffusione dei social network, non è insolito imbattersi in clienti esasperati che, dopo essere stati costretti a pagare un conto esorbitante, decidono di protestare, pubblicando gli scontrini redatti dai gestori. Da Milano a Palermo, da Roma a Napoli, da Firenze a Torino, fino a Venezia: la moda degli scontrini esagerati, ha coinvolto tutta la penisola e la stragrande maggiorana degli esercizi commerciali italiani.
Alcune storie hanno avuto maggior risalto; altre si sono invece perse nel dimenticatoio. Una di queste ha scatenato l’ira di numerosi utenti. Anche alla luce della reazione dei proprietari del ristorante che, una volta tirati in ballo, hanno cercato di salvare il salvabile, peggiorando però la situazione. Lo scontrino pubblicato sui social, è diventato immediatamente virale, facendo il giro della rete e provocando imponenti prese di posizione. A renderlo visibili furono due turiste giapponesi, che si ritrovarono a pagare una cifra esorbitante per un pasto consumato durante la loro villeggiatura in Italia.
I fatti risalgono all’estate del 2019: le due donne diedero ampio risalto ad uno scontrino che, i proprietari di un noto ristorante, presentarono loro dopo un pranzo consumato in pieno centro a Roma. La cifra che le due turiste furono costrette a sborsare fu esorbitante e scatenò la reazione di molti utenti. Furono tante le prese di posizione e i racconti di chi visse una situazione simile. Altri turisti lamentarono infatti di aver subito un trattamento molto simile, portando la loro testimonianza diretta.
Le due turiste giapponesi hanno inizialmente pensato ad uno scherzo, quando uno dei camerieri del ristorante, presentò loro un conto di 429 euro e 80 centesimi: cifra che furono costrette a pagare per un pranzo a base di due piatti di spaghetti al cartoccio di pesce e acqua. Le due donne non ordinarono neanche un goccio di vino. Eppure i gestori del ristorante, non ammisero repliche. Il locale era l’Antico Caffè di Marte, in via Banco di Santo Spirito a Roma, a due passi da Castel Sant’Angelo, nel cuore della capitale. Il pasto venne consumato il 4 settembre del 2019. Pochi giorni dopo, le due donne postarono tutto sui social, scatenando un vero e proprio putiferio. Nello scontrino non vennero specificati i prezzi per ogni singolo piatto di pasta e le altre voci (l’acqua, il coperto, i caffè): le uniche note riguardavano l’importo totale (che era di 349,80 euro) e una mancia di ben 80 euro. Due voci che hanno portato all’importo super di 429 euro e 80 centesimi.
A protestare (oltre alle due protagoniste involontarie della vicenda), furono anche le federazioni delle guide turistiche romane (che lamentarono possibili ripercussioni e danni di immagine alla capitale, con conseguenti problemi legati al turismo), numerose associazioni di categoria e tanti turisti, che lamentarono sui social trattamenti simili: molti protestarono per aver pagato conti esagerati, senza che i gestori del ristorante avessero specificato con attenzione il prezzo delle singole portate. Le cifre che molti clienti furono costretti a sborsare (secondo i loro racconti) furono molto simili a quelle sborsate dalle due giapponesi.
Le proteste hanno portato alla replica da parte dei responsabili del ristorante Antico Caffè di Marte, che spiegarono come, “il nostro menu è chiaro, tutto è scritto nel dettaglio, basta guardare i prezzi: massimo 16 euro per uno spaghetto allo scoglio”, disse Giacomo Jin, ristoratore. “Per pagare quella cifra le ragazze non avranno preso solo gli spaghetti, ma anche pesce. D’altronde, da noi il pesce è fresco: il cliente lo sceglie al bancone, noi lo pesiamo e lo cuciniamo”. Parole che non vennero particolarmente apprezzate dagli utenti della rete. Al pari della spiegazione concessa da alcuni camerieri (intervistati dai quotidiani, che diedero ampio spazio alla vicenda, nei giorni successivi) sulla mancia: “Per noi non è obbligatoria – le parole attribuite ad un paio di responsabili di sala e riportate dalla stampa – Al momento di pagare chiediamo al cliente se vuole dare la mancia, e può scegliere tra il 10 e il 20 per cento dell’importo, tutto liberamente”, assicurano. Ma molti fecero notare come i conti (almeno in questo caso) non tornassero. Il 20 per cento di 349 euro (la cifra riportata sullo scontrino) è infatti 69 euro. E non certo 80. Un ulteriore beffa per le due turiste giapponesi, costrette ad ingoiare un altro boccone amaro.
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