Dalla storia di Anna, ad alcune poche e semplici regole per denunciare una violenza subita senza avere paure delle ripercussioni
La paura di denunciare è una sensazione che accomuna tutte le donne che sono state vittime di abusi. Un terrore giustificato dall’assenza di istituzioni capaci di tutelare la donna e di agire per la sua sicurezza e per la sua incolumità. Una mancanza che in qualche modo mette in condizione l’aggressore di meditare e compiere vendette che hanno portato a esiti drammatici che, al contrario, con una maggiore vicinanza nei confronti della vittima si sarebbero potuti scongiurare. Creare una barriera intorno a chi ha avuto il coraggio di agire è una delle chiavi fondamentali per aprire il cassetto della sicurezza e combattere concretamente questo incubo.
Un caso che può esser preso a esempio è quello di Anna, una signora di 60 anni, che si è dovuta far accompagnare dai vicini per andare a prendere il nipote, con il timore di incontrare l’uomo che ha denunciato per maltrattamenti. Attualmente, si trova imputato davanti al tribunale di Monza ma lei, in caso di condanna, non potrà chiedergli un risarcimento. Per spiegare tutte le dinamiche ed entrare con l’ausilio della legge in un argomento così tanto delicato, quanto importante, è intervenuta ai microfoni di agi.it, l’avvocata Giorgia Leone.
Per il suo intervento, Leone è partita dalla necessità di rivolgersi a persone che conoscono i meccanismi di queste situazioni, quando si decide di muovere denuncia: “È stata vittima un anno e mezzo fa di atti persecutori da parte dell’ex convivente dopo una serie di violenze psicologiche. L’autore del reato aveva ricevuto anche il divieto di avvicinamento ai luoghi da lei abitualmente frequentati, oltre al divieto di dimora nel Comune di Anna. Il legale a cui si era rivolta, che aveva trovato su internet, probabilmente poco esperto in materia, non le hai mai spiegato che aveva la possibilità di costituirsi parte civile“. Spiega l’avvocata, che aggiunge come in quanto parte civile: “avrebbe potuto incassare un ristoro economico e morale”.
La Leone spiega poi che per trovare un avvocato esperto, è sufficiente rivolgersi agli sportelli specializzati o chiamare i numeri antiviolenza e che è previsto anche il patrocinio dello stato per questi casi. La domanda delle domande, però, è: come fare a denunciare? Anche a questo la Leone prova a rispondere: “Il mio consiglio è raccontare la propria storia a una persona fidata e di scrivere in un file tutti i dettagli, raccogliere referti, certificati medici, multe, verbali, lettere fotografie, non gettare vestiti stracciati o rovinati, tenere post-it e regali indesiderati. La cosa più importante è stare al sicuro: nascondere le prove e non registrare conversazioni senza la sicurezza di non essere registrati da chi ha maltrattato”.
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