Le competenze cognitive in Italia sono sotto la media Ocse: un adulto su tre non capisce frasi lunghe e complesse
Se facessimo un ragionamento un po’ più articolato rispetto alla norma, utilizzando magari un linguaggio sensibilmente forbito e arricchito da termini desueti, è molto probabile che almeno un lettore su tre non comprenderebbe a pieno il significato di questo periodo, quello che avete appena letto e con il quale abbiamo iniziato la stesura dell’articolo. Per andare sul sicuro, è meglio usare frasi brevi e semplici, proprio come questa.
Le competenze cognitive degli adulti restano infatti stagnanti e lontane dagli standard internazionali. Lo rivela l’ultimo ciclo dell’Indagine sulle competenze degli adulti (Survey of Adult Skills), condotta nell’ambito del programma Ocse Piaac. Ciò che emerge è un quadro davvero preoccupante.
Sì, perché quasi il 35% dei cittadini tra i 16 e i 65 anni è fermo al livello 1 di literacy, ovvero una capacità limitata a comprendere testi brevi o elenchi di informazioni chiaramente organizzati. Un dato ben sopra la media Ocse, che si attesta al 26%.
Chi non supera il livello 1 è definito in condizione di analfabetismo funzionale: riesce a interpretare solo frasi semplici, incapace di gestire contenuti più complessi. Situazione simile sul fronte della numeracy, dove il 35% degli italiani ottiene punteggi inferiori alla soglia minima, rispetto al 25% della media Ocse. Qui, il limite è rappresentato dalla capacità di effettuare semplici addizioni o sottrazioni. Ancora peggio va nel problem solving adattivo, dove quasi la metà degli adulti (46%, contro il 29% Ocse) riesce a risolvere solo problemi elementari.
Il divario territoriale e demografico aggrava il quadro: se al Nord e al Centro i risultati si avvicinano alla media Ocse, nel Mezzogiorno restano sensibilmente più bassi. Gli over 55 evidenziano un crollo delle competenze rispetto ai giovani di 16-24 anni, che invece mostrano punteggi più promettenti, specialmente in numeracy.
L’indagine, che assegna punteggi da 0 a 500, colloca l’Italia in fondo alle classifiche Ocse. Entrando più nello specifico, parliamo di literacy (245 punti, peggio di noi solo Israele, Lituania, Polonia, Portogallo e Cile), numeracy (244 punti, quartultimo posto) e problem solving adattivo (231 punti, contro i 251 Ocse, ultimo posto tra i Paesi analizzati, seguita solo da Lituania, Polonia e Cile).
L’unica nota positiva arriva dai giovani, visto che i 16-24enni italiani superano la media nazionale e, in alcuni casi, i 25-34enni. Tuttavia, il gap generazionale resta evidente, con una perdita di competenze che cresce progressivamente con l’età.
Per quanto riguarda le differenze di genere, gli uomini ottengono punteggi migliori delle donne in numeracy. Non emergono invece divari significativi in literacy e problem solving adattivo. La minor presenza femminile nei percorsi Stem (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica) influisce però negativamente sulla parità di genere nelle competenze tecniche.
La scarsa partecipazione delle donne nei campi scientifici non è solo una questione di parità. È un vero e proprio freno alla crescita complessiva delle competenze del Paese. Gli stereotipi culturali, ancora profondamente radicati, limitano le scelte educative delle donne, impoverendo un bacino di talento fondamentale per lo sviluppo economico e sociale.
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