Omicidio Giulia Tramontano, inizia il processo per Alessandro Impagnatiello: le mosse del killer della ragazza
Colpita alle spalle in più di una occasione, per la precisione 37 volte. Sono 37 le coltellate che Alessandro Impagnatiello ha sferrato a Giulia Tramontano, la ragazza di 29 anni uccisa insieme al piccolo Thiago che aveva in grembo da sette mesi. Il tutto avvenne nella loto abitazione di Senago, a Nord di Milano. Dal processo contro il killer è uscito fuori che la vittima è morta in seguito ad una “emorragia“. A rivelarlo uno dei medici legali che sta testimoniando, appunto, al processo.
Quella di oggi, giovedì 4 aprile, è la quarta udienza che si sta tenendo nel capoluogo lombardo. Tra i dettagli spunta anche quella del “decesso del feto”. Quest’ultimo successivo alla morte della giovane madre derivato da una insufficienza vascolare provocata, appunto, da una emorragia. Segno del fatto che il feto, appunto, ne ha risentito ed è morto. Un altro medico legale, Andrea Gentilomo, ha affermato che Giulia non ha avuto il modo ed il tempo di difendersi dalla brutale aggressione di Impagnatiello.
Lo stesso Gentilomo è uno degli esperti che si è occupato dell’autopsia. Sul corpo della vittima sono presenti una serie di “lesioni vascolari che hanno interessato il distretto del collo (ben 24) e toracico“, le stesse che hanno provocato una rapidissima perdita di sangue. Afferma che non è stata sferrata nessuna coltellata o colpo alla pancia durante l’autopsia. Possibile che le coltellate alla laringe abbiano impedito alla ragazza di gridare e di chiedere aiuto.
Per quasi due mesi sia Giulia che il feto del piccolo Thiago è stato avvelenato con frequenti dosi di Bromadiolone (veleno per topi). Ogni cibo che assaggiava aveva un “sapore amaro”. Segno del fatto che andava molto spesso in bagni per “mal di pancia” e gastrite: ad affermarlo il medico tossicologo, Mauro Minoli. Quest’ultimo afferma che è difficile stabilire quando sia iniziata la somministrazione del veleno.
Anche perché il veleno era presente nel capello di Giulia, possibile che sia avvenuto negli ultimi due mesi prima della morte. Nel fegato di lei è stato rinvenuto una quantità 30 volte superiore perché la placenta è riuscita un po’ a eliminare la tossicità. Sul corpo della ragazza è stata sparsa della benzina, alcuni reperti hanno trattenuto la stessa, insieme ad alcol e acetone. Prossima udienza fissata per l’11 aprile.
Diventa difficile stabilire l’orario della morte di Giulia. Almeno un paio di coltelli sequestrati in casa sono compatibili con le ferite. Presente in tribunale Impagnatiello che, con la testa bassa, piange silenziosamente. L’avvocato della famiglia della 29enne, Giovanni Cacciapuoti, ha chiesto di procedere a porte chiuse, di fronte a “immagini necessarie per l’istruttoria, ma che è meglio non mostrare” del corpo della vittima.
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