Dalla sentenza su Delmastro al lungo elenco di politici finiti nel tritacarne della giustizia: quando le accuse si sgretolano, ma la carriera è già compromessa.
Riparte l’assalto giudiziario al governo. Il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro è stato condannato, nonostante la stessa Procura avesse chiesto l’assoluzione. La sentenza di primo grado non è definitiva – restano ancora appello e Cassazione – ma la sinistra non perde tempo e ne chiede le dimissioni immediate. Giorgia Meloni, però, non molla: “Resta al suo posto”.
Un terremoto giudiziario, chi rimane saldo e chi subisce un danno. La lista è lunghissima, quella delle persone coinvolte in storie apparentemente senza fine.
Un copione fin troppo noto, una narrazione che si ripete con inquietante regolarità nel panorama politico italiano. Ogni governo, indipendentemente dal colore politico, sembra destinato a vedere alcuni dei suoi membri chiave travolti da inchieste giudiziarie che, con il passare del tempo, si sgonfiano come bolle di sapone. Queste, lasciano dietro solo strascichi di fango e accuse infamanti.
Condanne iniziali che vengono ribaltate in appello, archiviazioni che sanciscono l’insussistenza delle accuse, assoluzioni che arrivano tardive, quando ormai il danno d’immagine è irreparabile: il sistema giudiziario, con i suoi tempi biblici e le sue dinamiche complesse, si muove lentamente, mentre la macchina mediatica, spesso vorace e sensazionalistica, amplifica a dismisura ogni sospetto, ogni illazione, trasformando un’indagine in una condanna anticipata.
E l’elenco di figure politiche coinvolte in questo circolo vizioso è lungo e variegato, attraversando schieramenti e ideologie diverse. Dall’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, finito sotto processo per la sua politica sui porti chiusi ai migranti e poi assolto, all’ex premier Matteo Renzi, coinvolto nell’inchiesta Open. Per non parlare di Silvio Berlusconi, il cui nome è stato legato a decine di processi, tra cui il caso Ruby, e che ha visto la sua reputazione più volte messa in discussione, salvo poi essere riabilitato dalla giustizia.
E ancora, esponenti politici di primo piano come Nichi Vendola, accusato ingiustamente nel caso Ilva e assolto dopo anni di battaglie legali. Ma anche presidenti di regione come Christian Solinas e Marcello Pittella, travolti da accuse che si sono rivelate inconsistenti.
Troppo spesso, l’attenzione si concentra sulla fase iniziale delle indagini, sulle accuse, sulle indiscrezioni, tralasciando l’esito dei processi, le sentenze di assoluzione, le archiviazioni. E così, anche quando l’innocenza viene riconosciuta, il danno è già stato fatto, la reputazione è compromessa, e il politico di turno si ritrova a dover combattere contro pregiudizi difficili da sradicare.
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