Il portavoce dell’Onlus Pro Vita e Famiglia, in esclusiva, sulla decisione del governo britannico di vietare i farmaci che agevolano la transizione sessuale: “Un fenomeno esploso grazie al bombardamento dei messaggi Gender-Fluid”
Qualcuno l’ha definito un vero e proprio schiaffo del governo britannico all’intera comunità Gender. Il servizio sanitario nazionale ha deciso di seguire le linee guida dei medici, che avevano lanciato dubbi sulle conseguenze delle terapie che bloccavano la pubertà. Secondo i sanitari è impossibile stabilire il loro effetto nel lungo termine. “Mancano le prove a lungo termine sugli effetti dei bloccanti sui giovani”, il commento finale della National Health Service, che aveva già espresso grande scetticismo riguardo alla somministrazione dei farmaci bloccanti della pubertà ai minori di 18 anni, affetti da disforia di genere.
Il Governo ha deciso di seguire queste indicazioni ed ha vietato l’erogazione di tali terapie ai pazienti più giovani e più piccoli. Entro fine mese verrà anche chiuso il reperto dedicato al trattamento della disforia di genere sui minori presso la clinica Tavistock e Portman, una delle più conosciute in questa materia. Una notizia che ha immediatamente fatto il giro del mondo. Anche perchè il Regno Unito era stato uno dei primi Paesi a promuovere e diffondere i trattamenti per il cambio di sesso sui minori. Il governo è stato quindi protagonista di un imponente passo indietro. “Si tratta di una decisione storica“, conferma in esclusiva ai nostri microfoni Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita & Famiglia, onlus che da sempre si batte contro questa possibilità. “ Il fenomeno delle transizioni sociali e sessuali tra minorenni è esploso negli ultimi anni a causa del costante bombardamento mediatico e culturale di messaggi Gender-Fluid, che hanno minato l’identità di giovani spesso fragili e insicuri per altre motivazioni, convincendoli che la causa delle loro sofferenze era l’essere “nati nel corpo sbagliato”, e che l’unica soluzione era “cambiare sesso” con pesanti trattamenti farmacologici e devastanti menomazioni chirurgiche”.
Secondo Coghe, “migliaia di bambini e adolescenti sono stati indotti da un sistema malato a desiderare la castrazione chimica, senza alcuna possibilità di ravvedimento”. Una possibilità che, l’associazione, prova ad allontanare con forza anche nel nostro Paese. “Dopo lo storico stop del Servizio Sanitario Inglese alla somministrazione di ormoni per bloccare lo sviluppo puberale di minori confusi sulla loro identità sessuale, a causa degli effetti potenzialmente avversi per la salute, ci attendiamo che anche il Governo Italiano agisca urgentemente tamponando le due principali fonti di pericolo per bambini e adolescenti italiani: il far west nei centri per il trattamento della disforia di genere negli ospedali italiani, evidenziato dal caso Careggi, i quali non seguono sempre protocolli scientifici, e la diffusione illegale della “Carriera Alias” nelle scuole, che rafforza negli adolescenti la pericolosa idea di essere “nati nel corpo sbagliato”, spingendoli a desiderare un fantomatico e impossibile “cambio di sesso” tramite una sostanziale castrazione chimica”.
Concetti che Pro Vita & Famiglia porta avanti da tempo e che sono stati ribaditi in un recente comunicato: secondo l’associazione i danni provocati ai giovani sono permanenti e non calcolabili. “La possibilità che anche bambini e adolescenti possano accedere a percorsi di transizione sociale e sessuale è un caposaldo dell’Ideologia Gender promossa dall’Associazionismo LGBTQXYZ, come sempre al di fuori e contro qualsiasi evidenza scientifica. All’origine di tutto c’è la negazione ostinata del più elementare dato di fatto: il sesso è binario, siamo indelebilmente maschi o femmine per nascita e “cambiare sesso” è naturalmente impossibile. L’Ideologia dei “Bambini Trans” sta mietendo vittime anche in Italia”.
Nel Regno Unito la battaglia culturale e politica va in scena da diversi anni. I trattamenti per bloccare la pubertà e che agevolano la transizione sessuale, sono stati al centro di numerose valutazioni. Molti i giovani che si sono sottoposti a questi interventi e che hanno poi deciso di fare causa ai centri medici. Su tutti Keira Bell, oggi 23enne di Manchester, che sta dando vita da due anni ad una battaglia legale contro la clinica Tavistock e Portman, che l’ha aiutata a diventare uomo, quando aveva sedici anni: “Ero troppo giovane per decidere, non dovevano assecondarmi. Non si possono prendere decisioni simili a 16 anni, e così in fretta. I ragazzi a quell’età devono essere ascoltati, e non immediatamente assecondati. Io ne ho pagato le conseguenze, con danni gravi fisici. Ma così non va bene, servono cambiamenti seri”, ha dichiarato, accusando la clinica di non averle messo a disposizione tutte le informazioni necessarie sui rischi postumi al trattamento. Una decisione condivisa da numerosi adolescenti, che si sono ritrovato nella stessa identica condizione.
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