Il Tribunale regionale ha sospeso il decreto del ministero della Salute che inseriva le composizioni orali contenenti cannabidiolo nella tabella delle sostanze stupefacenti
Accogliendo un ricorso presentato da alcune società del settore della canapa, il TAR del Lazio ha accolto l’istanza di sospensione del decreto del Ministero della Salute che inseriva la cannabis light nella tabella delle sostanze stupefacenti. Una decisione che aveva fatto alzare le proteste dei commercianti delle categorie interessate, che evidenziavano i gravi danni economici e sociali che l’applicazione del decreto avrebbe comportato.
La commissione Affari costituzionali e Giustizia della Camera, alcuni mesi fa, aveva approvato un emendamento al disegno di legge sulla sicurezza per vietare la coltivazione e il commercio della cosiddetta cannabis light. L’emendamento era stato presentato dal governo che da sempre ha considerato la cannabis light una sostanza stupefacente.
Un argomento di divisione
In Italia la cannabis light è sempre stato un argomento di grande discussione. La cannabis light contiene un livello molto basso di THC (tetraidrocannabinolo), il componente psicoattivo della cannabis, e una quantità maggiore di CBD (cannabidiolo), che ha invece effetti rilassanti. Anche se il consumo personale non costituisce di per sé un reato, è comunque considerato un illecito amministrativo e può essere punito con alcune sanzioni. La questione è però definitivamente esplosa quando, recentemente, il governo italiano ha proposto un emendamento che vieta la coltivazione e la vendita di cannabis light, anche con un contenuto di THC inferiore allo 0,2%. Questo aveva suscitato forte preoccupazioni tra le circa 3mila imprese del settore che temevano la chiusura di molte aziende e la conseguente perdita di molti posti di lavoro. L’emendamento vietava la vendita di ogni prodotto derivato dalla pianta della canapa, quindi dai prodotti alimentari con “cannabis light” quali semi, pasta e pane, fino a oli, creme e liquidi per sigarette elettroniche. Le nuove regole imponevano quindi restrizioni e chiusure a tutti gli esercizi interessati alla vendita di questi derivati compresi i tabaccai specializzati.
L’intervento del Tar del Lazio
In pratica il governo nel suo intervento disponeva il ritorno all’equiparazione della cannabis light, ovvero quella con quantità di Thc inferiore allo 0,2%, alla cannabis “normale”, sostanza illegale in Italia sia da vendere che da consumare. L‘associazione delle aziende interessate non si è arresa e ha fatto ricorso al Tribunale regionale del Lazio che oggi ha accolto l’ istanza dichiarando in sostanza che la cannabis light non è una droga. In pratica il il Giudice amministrativo ha riconosciuto la fondatezza delle argomentazioni presentate, rilevando il grave e irreparabile danno che l’applicazione del decreto avrebbe comportato all’intero settore e ha deciso di sospenderne l’efficacia in attesa del giudizio di merito, fissando per questo un’udienza per il prossimo 16 dicembre.
Una questione anche politica
La sentenza del Tar del Lazio ha anche riaperto il contenzioso politico tra il governo che aveva proposto e fatto approvare l’emendamento e le forze dell’opposizione che ora trovano nuovo vigore dopo il pronunciamento del giudice amministrativo regionale. Sull’argomento è intervenuto ai microfoni di Notizie.com l’onorevole di +Europa Riccardo Magi: “Io credo che questo governo sia all’interno di un tunnel di ossessioni ideologiche proibizioniste, in un settore che vede circa 13mila occupati e migliaia di aziende di una filiera tutta italiana che ha visto negli ultimi anni uno sviluppo esponenziale e il danno sarà enorme se il ddl sicurezza verrà approvato così come è stato presentato. Chi ha presentato questa proposta o è in malafede o non sa cosa ha scritto. Il tempo per modificarla sta scadendo altrimenti questa legge sarà demolita nei tribunali italiani, fino ad arrivare alla Corte europea se necessario, che tra l’altro si è già espressa in merito alla produzione e alla vendita della canapa a basso contenuto di Thc, che anzi riceve delle sovvenzioni da parte proprio della politica agricola comune”.