La nuova tendenza che permette alle aziende di mantenere l’apparenza di prezzi stabili, mentre riducono la quantità effettiva di prodotto che si trova nelle confezioni
Se continua questa nuova tendenza, per andare fare la spesa avremo presto bisogno di una lente d’ingrandimento. E’ a causa del fenomeno che sta davvero dilagando e che si chiama “shrinkflation”, neologismo inglese composto dal verbo “to shrink”, restringere, e dalla parola “inflation”, inflazione. In realtà è una vera e propria strategia messa in atto dalle aziende per reagire all’inflazione, per affrontare l’aumento dei costi di produzione o altri fattori che potrebbero influenzare i margini di profitto, scaricandone il costo sul consumatore, spesso inconsapevole. Infatti è una tecnica di rincaro occulto: la quantità di prodotto diminuisce, ma il suo prezzo rimane invariato.
Da sempre ci accorgiamo, di tanto in tanto, del variare dei prezzi, spesso un aumento dovuto all’inflazione, ma diventa più difficile se a variare non è il prezzo finale, ma la grammatura del prodotto acquistato, in altre parole, le aziende lasciano invariato il prezzo riducendo però la quantità di prodotto, che risulta così più costoso. Purtroppo i cambiamenti nelle dimensioni e nei pesi spesso sfuggono all’occhio del consumatore, ma si traducono in una spesa maggiore quando si arriva in cassa.
Oltre all’aumento della spesa in sé, il problema è che la strategia, naturalmente, è messa in atto senza informare i consumatori. Ma questo non è corretto, è necessaria più trasparenza, chi compra deve sapere quanto sta spendendo e per cosa. I più colpiti sono i beni di largo consumo, ossia quelli di consumo quotidiano, che di solito si acquistano al supermercato, automaticamente, senza guardarli troppo, rassicurati da quello che sembra il solito packaging. Così è possibile trovare, ad esempio, pacchi di pasta da 400 grammi invece del canonico mezzo chilo e tubetti di dentifricio che scendono da 100 a 75 ml.
Ultimamente però le aziende stanno tirando un po’ troppo la corda e la “sgrammatura” sta diventando davvero molto evidente. In realtà questo fenomeno non nasce adesso, ma addirittura nel lontano 2014 un’azienda, avendo ridotto addirittura del 25% il peso della cioccolata prodotta, fu costretta a tornare su suoi passi per le numerose lamentele degli acquirenti. Questo a dimostrare che i consumatori non rimangono “dormienti” per troppo tempo.
Adesso, a far notare ancora una volta questo fenomeno è Massimiliano Dona, avvocato dalla parte dei consumatori molto noto sui social, che ha realizzato un video su Instagram mostrando i prodotti interessati dalla shrinkflation direttamente sugli scaffali, e proponendo una legge che fermi questa pratica scorretta. “Questa strategia”, spiega Dona, “funziona perché il consumatore è attento al prezzo al dettaglio di ciò che compra, ma difficilmente si sofferma su un prodotto già noto per verificare se il peso netto o il costo al kg sono variati nel tempo. Per questo motivo è più facile, per le aziende, decurtare il contenuto di flaconi e scatole piuttosto che aumentare il prezzo della confezione, creando così l’illusione che nulla sia cambiato, quando in realtà il carrello è meno pieno”. Per non rimanere “vittime” di questo trucchetto il consiglio è di controllare sempre il peso al litro o al chilo, e di acquistare meno alimenti confezionati perché sono quelli maggiormente presi di mira dalla shrinkflation.
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