I carabinieri questa mattina hanno effettuato un blitz anticamorra nel Casertano: 32 le persone arrestate dall’Antimafia.
Al centro delle indagini il clan di camorra dei Picca-Di Martino, operante nelle zone di Teverola e Carinaro. Una zona di “cerniera” tra le province di Napoli e di Caserta, a ridosso di una zona Asi (Area di Sviluppo Industriale). Qui a partire dal 2023 il boss Aldo Picca, appena scarcerato dopo 19 anni di reclusione, ha immediatamente riorganizzato e “ammodernato” la cosca. Picca ha quindi rispolverato “gli stessi metodi, la stessa tecnica criminale ma aggiornandola alle nuove tecnologie. Il clan ha da subito cominciato a concentrare le attività sul piano imprenditoriale, facendo estorsioni a tappeto su tutte le attività commerciali”.
Picca è stato condannato a 61 anni di reclusione, ma dopo 19 anni è uscito per fine pena, nel 2023. In passato era legato alla fazione Bidognetti del clan dei Casalesi. I carabinieri del comando provinciale di Caserta hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) di Napoli. Il gip ha disposto la custodia cautelare in carcere per 32 indagati, gli arresti domiciliari per altri 3. E il divieto di dimora in Campania per 7 indagati. Tutti sono accusati a vario titolo di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, intestazione fittizia di beni, riciclaggio, autoriciclaggio, detenzione di armi, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti.
I dettagli dell’inchiesta sono stati illustrati dal procuratore di Napoli Nicola Gratteri in conferenza stampa. È stata fatta luce anche sul traffico di droga gestito dal clan. Con acquisti fino a 1 milione di euro nell’arco di un anno. Lo stupefacente veniva pagato anche con il pos, mascherando il pagamento con un’attività commerciale di rivendita di abiti. Sono stati anche registrati casi di acquirenti che, non rispettando i pagamenti, consentiti proprio attraverso pos portatili, e le scadenze pattuite, venivano poi resi vittime di pestaggi e privazioni di beni personali.
“Il clan – ha spiegato Gratteri insieme con i comandanti dei carabinieri – è stato aggiornato con i nuovi sistemi di comunicazione. E ha concentrato le sue attività sul piano imprenditoriale e commerciale con estorsioni a tappeto. Estorsioni che marcano il territorio, così come fa il cane che fa la pipì”. Tra le vittime figurano farmacie, bar a cui venivano imposti videogiochi e anche un professore che aveva acquisito un terreno sul quale il clan voleva realizzare un inceneritore.
Le estorsioni a imprenditori e commercianti
Il clan però era particolarmente attivo anche nel riciclaggio: durante la pandemia ha gestito un bar per ripulire il denaro sporco e in cui sarebbero stati fatti transitare ben 900mila euro. Le attività illecite accertate consistevano sia nelle estorsioni a danno di imprenditori e titolari di esercizi commerciali che nell’imposizione di istituti di vigilanza privata ad attività commerciali presenti sul territorio e di slot-machine in bar, locali e sale slot, la cui fornitura era devoluta a società a loro riconducibili o compiacenti. Nel corso dell’attività investigativa è stato anche accertato il tentativo di imporre i servizi di onoranze funebri.
“La capacità di intimidazione – ha detto Gratteri – scaturente dalla consapevolezza della pervasività di un potere spregiudicato a cui prestare acquiescenza. Un sistema, in altre parole, del tutto alternativo al complesso di regole disciplinanti la comune convivenza e che ripete la sua forza dalle capacità ‘militari’, compresa quella di resistere anche ai pubblici poteri e alla forza della legge“.