Errori giudiziari in Italia: oltre 100 casi mensili di ingiuste detenzioni costano 26,9 milioni di euro ai contribuenti.
Ogni giorno, oltre tre persone vengono ingiustamente detenute. È un dato – quello riportato nell’edizione odierna de Il Giornale – che fa riflettere, poiché non tiene conto di coloro che, una volta rilasciati, scelgono di non fare ricorso e di cercare di lasciarsi tutto alle spalle.
È come visitare un museo della giustizia italiana, dove l’ultima esposizione, dalle tonalità grigio scuro, è rappresentata dalla relazione annuale pubblicata ieri da Via Arenula e inviata al Parlamento. Quarantasette pagine dense di cifre, dati e statistiche che dipingono un quadro preoccupante del nostro sistema giudiziario. Emergono, infatti, un aumento delle misure cautelari e un netto azzeramento delle sanzioni disciplinari nei confronti dei magistrati, due facce opposte della stessa triste medaglia che troppo spesso grava su persone innocenti.
Secondo il documento, nel 2024 le domande di riparazione relative alle ingiuste detenzioni sono state 1.293, contro le 1.120 dell’anno precedente: un incremento che si traduce in oltre cento casi al mese, o circa tre e mezzo al giorno. Ciò che rende il quadro ancora più cupo è il fatto che quasi il 75% delle richieste di riparazione sono state accolte, grazie all’accertata estraneità degli imputati ai fatti a loro contestati.
In sostanza, le vittime non avevano alcun legame con le accuse mosse contro di loro. Nel restante 25% dei casi, la misura cautelare si è rivelata illegittima. I costi di questi errori sono stati sostenuti esclusivamente dai contribuenti, per un importo complessivo di 26,9 milioni di euro, a seguito di 552 ordinanze emanate dalle Corti d’Appello. I distretti che hanno pagato di più includono Napoli, Reggio Calabria, Catanzaro e Roma.
C’è anche chi si chiede se, tra i magistrati, qualcuno abbia dovuto rispondere economicamente per queste “sviste”. La risposta è negativa: nel 2024 le azioni promosse contro i giudici sono state solo due, entrambe ancora in corso, e la Sezione disciplinare del CSM non ha ancora preso alcuna decisione.
Quello che pesa maggiormente è il confronto con gli anni precedenti. Nel 2018 le azioni contro i giudici erano state 16, nel 2019 24 e nel 2020 21, per poi crollare drasticamente negli anni successivi.
D’altra parte, sul fronte delle misure cautelari personali coercitive – carcere, arresti domiciliari e altri regimi di custodia – siamo tornati indietro di otto anni. Mentre nel periodo 2020-2023 si registrava una media di 81.700 provvedimenti, nel 2024 questo numero è salito a 94.168, rappresentando circa il 56% di tutti i provvedimenti adottati. Tra questi, uno su tre è carcerario (31%) e uno su quattro riguarda gli arresti domiciliari (25%).
In pratica, la coercizione continua a prevalere, imponendosi come la modalità dominante, e sembra che i soggetti indagati non abbiano alcuna intenzione di fare marcia indietro. È un quadro allarmante, un invito a riflettere su come, in un sistema in cui il diritto alla libertà individuale viene frequentemente compromesso da misure eccessivamente restrittive, il costo umano ed economico degli errori giudiziari diventi una ferita aperta nella nostra società.
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