La peste suina africana (Psa) è tornata a mietere vittime tra i suini allevati in Italia: negli ultimi mesi sono stati riscontrati 8 focolai.
Focolai che hanno portato all’abbattimento di circa 20mila capi, in particolare in Lombardia ed Emilia Romagna. Numeri che rischiano di aumentare rapidamente. Secondo l’Eu Veterinary Emergency Team (Euvet), un gruppo di lavoro della Commissione europea, l’Italia deve fare di più per contrastare l’epidemia. Il virus, infatti, corre più veloce delle barriere e va strutturata una strategia comune per il Nord del Paese.
Bisogna ricordare che la Psa è una malattia virale dei suini e cinghiali selvatici che causa un’elevata mortalità. Per l’uomo il virus che la provoca è innocuo, ma per i suini non esistono al momento né vaccino né cure. Gli animali infetti presentano sintomi come febbre, aborti, emorragie che possono portare alla morte improvvisa. Maiali e cinghiali selvatici di solito si infettano per contatto diretto, indiretto e per punture di zecche.
“È necessaria una strategia di controllo della malattia coordinata e armonizzata per l’Italia settentrionale che tenga conto della situazione epidemiologica complessiva, indipendentemente dai confini amministrativi. – si legge nel report dell’Euvet – Un gruppo di esperti dovrebbe elaborare una strategia comune per la Psa nel Nord Italia. Da applicare in modo coordinato in tutte le regioni e province“. Secondo gli esperti, inoltre, la caccia è uno strumento, non la soluzione ed è invece da preferire la sorveglianza.
Le popolazioni di suini domestici dovrebbero quindi essere protette da buone misure di biosicurezza. La caccia dovrebbe essere utilizzata principalmente per prevenire la diffusione epidemica della Psa. Ma ciò richiede una strategia ben studiata e pianificat. Che dovrebbe essere sviluppata e coordinata a livello centrale da un gruppo di esperti per l’intera area endemica. Le misure di caccia, infatti, possono anche avere un effetto controproducente e, se non coordinate, possono portare alla diffusione della malattia.
L’Euvet ha perciò raccomandato di cacciare solo dove il virus non è ancora arrivato. Anche le recinzioni sarebbero uno strumento efficace per limitare gli spostamenti dei cinghiali. Ma a causa delle condizioni geografiche molto difficili, la costruzione di recinzioni lungo le autostrade che incrociano i fiumi, punti chiave individuati dall’Italia, rappresenta una grande sfida non supportata da adeguati fondi. La peste suina africana, inoltre, si starebbe diffondendo a est e a sud della Lombardia.
Il virus, insomma, non si è mai fermato e la zona interessata si è ulteriormente allargata. Nel solo Nord Italia la zona soggetta a restrizione è passata in due anni e mezzo dai 500 km quadrati iniziali ai circa 18mila km quadrati di oggi. Proprio nelle scorse ore Giovanni Filippini, attuale direttore generale per la Sanità animale del ministero della Salute, è stato nominato commissario straordinario per la Psa. “È stata elaborata – ha detto Filippini – anche alla luce delle raccomandazioni formulate in esito alla missione degli esperti della Commissione europea, una rimodulazione della strategia già condivisa con i Ministeri competenti e pronta ad essere trasmessa a Bruxelles”.
“La peste suina, come altre zoonosi, – ha commentato Simona Savini, della campagna Agricoltura di Greenpeace Italia – dimostra ancora una volta che il sistema degli allevamenti intensivi è fragile e insostenibile, anche dal punto di vista economico: per questo deve essere cambiato alla radice. La proposta di legge ‘Oltre gli allevamenti intensivi’ presentata da Greenpeace Italia insieme ad altre quattro associazioni indica una strada possibile per farlo, sostenendo le aziende in una transizione non più rimandabile. Ci auguriamo pertanto che venga calendarizzata al più presto”.
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