Il contatto con le sostanze tossiche rilasciate dalla plastica può determinare un danno per la salute, più grave se trasportato dalle microplastiche, che penetrano nell’organismo
Cambiamenti climatici a parte, l’inquinamento del nostro pianeta, soprattutto a causa di un materiale tanto utile quanto dannoso, la plastica, è ciò che dovrebbe farci saltare in piedi sulla sedia e farci metterci subito a lavorare per liberare i nostri mari, ma perfino i nostri corpi da questa sostanza davvero “invasiva”.
Per questo, sempre più spesso, si cerca di organizzare eventi volti alla sensibilizzazione e a favorire l’impegno di ognuno di noi, dal singolo fino agli enti istituzionali.
Una campagna di sensibilizzazione
Il problema maggiore deriva dalle microplastiche, particelle di dimensioni inferiori a cinque millimetri, derivanti dalla degradazione di oggetti in plastica presenti nell’ambiente. Queste particelle possono spostarsi liberamente per giungere fin negli organismi viventi, compresi i mammiferi. Per questa ragione ci si propone l’obiettivo di diffondere l’informazione tra medici e pazienti, per renderli consapevoli dei rischi, particolarmente alti nell’esposizione in utero e nell’infanzia. Il proposito è anche mirato a fornire una serie di suggerimenti per liberarsi di tutti quei comportamenti, ormai diventati abitudini, che mettono a rischio noi stessi e tutto l’ecosistema. Questa è la finalità della campagna condotta dall‘Associazione medici per l’ambiente Isde Italia e dalla Rete italiana medici sentinella, in collaborazione con la Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg), l’Associazione medici endocrinologi (Ame), l’Associazione culturale pediatri (Acp), la Federazione italiana medici pediatri (Fimp), la Società italiana di pediatria (Sip), Choosing Wisely Italy e la facoltà di Scienze dell’alimentazione Università di Pollenzo (Cn). Numerose organizzazioni per infiniti problemi da contenere e possibilmente risolvere.
Le acque degli oceani coprono più del 70% della Terra e, secondo il Wwf, si stima che ogni anno ci finiscano dentro dai 4,8 ai 12,7 milioni di tonnellate di rifiuti plastici. Ma la plastica è ovunque. Basti pensare che uno studio spagnolo ha evidenziato che a rischio non sono solo pesci e mammiferi, ma addirittura le formiche, insetti importanti nella catena alimentare, senza contare che la plastica, attraverso le formiche, può essere ulteriormente trasportata in qualsiasi luogo causando gravissimi problemi alla fauna e a tutto l’ambiente. Come spiega anche National Geographic, “le buste di plastica assomigliano alle meduse, cibo abituale delle tartarughe marine, mentre alcuni uccelli marini si cibano di plastica perché rilascia una sostanza chimica che la dota di un odore somigliante a quello del cibo naturale che consumano abitualmente”.
Tanti materiali dispersi nell’ambiente
I materiali dispersi nell’ambiente sono stati raccolti e identificati stilando una sorta di elenco: tre sono state identificati come polipropilene colorato, un polimero termoplastico con cui vengono realizzati per esempio le bottiglie di plastica e i tappi, mentre per gli altri nove è stato possibile identificare solo i pigmenti, che possono derivare da materiali come rivestimenti artificiali, vernici, adesivi, intonaci, pitture, cosmetici e prodotti per la cura della persona. Molti studi sono stati fatti e si continua ad analizzare diverse situazioni per arrivare a capire soprattutto le modalità attraverso le quali le microplastiche entrano nell’organismo umano, molto c’è ancora da fare, ma sembra che gli ingressi possano essere due: attraverso l’apparato respiratorio e quindi il circuito ematico o attraverso l’alimentazione, quindi via intestino. Basti pensare alle vaschette di plastica in cui viene confezionato il cibo nei supermercati, ma anche ai pesci di cui ci nutriamo, che a loro volta possono aver ingerito discrete quantità di microplastiche.
Le raccomandazioni sono infatti quelle di eliminare la plastica laddove è ampiamente sostituibile, eliminare completamente l’acqua in bottiglia, quindi non acquistare prodotti confezionati, preferendo quelli sfusi, sia per quanto riguarda gli alimenti sia per i prodotti per la cura della persona e ricordarsi di controllare che tutti i nostri indumenti, fatti oramai di fibre sintetiche, non contengano plastica, cercando di privilegiare le fibre naturali.
Modificare le abitudini
Non si tratta di rinunciare, ma modificare qualche abitudine per preservare la nostra salute. Le numerose sostanze chimiche contenute nelle microplastiche possono causare diverse malattie nell’uomo, ad esempio sappiamo che il bisfenolo A, contenuto nella plastica, altera l’attività dell’apparato endocrino, attiva i recettori degli ormoni e quindi può avere effetti negativi sulla salute in caso di dosaggio elevato. Ha effetti nocivi sul cuore ed è correlato allo sviluppo di numerose altre patologie a carico degli apparati riproduttori, della prostata e della mammella. Si possono avere anche conseguenze sul neurosviluppo e un aumentato rischio di alcuni tipi di cancro.
Senza contare che se la plastica brucia libera diossina nell’aria, una sostanza tossica, tra i più potenti veleni conosciuti: la tetraclorodibenzo-p-diossina (Tcdd), che è formata da cloro, carbonio, idrogeno e ossigeno. La diossina è stata riconosciuta quale agente cancerogeno per l’uomo.
La sostanza può determinare effetti, anche in tempi ritardati rispetto all’esposizione, sul sistema cardiovascolare, sul tratto gastrointestinale, sul fegato, sul sistema nervoso e sul sistema endocrino.