Una scuola ha studiato e promosso una ricetta che sta dando dei risultati insperati contro l’obesità infantile. “Una piaga che colpisce il mondo intero, ma che ora si può sconfiggere”
Un problema che riguarda una grande fetta della popolazione e che spesso è stato sottovalutato. L’obesità infantile è in grande crescita e ha fatto registrare dei dati preoccupanti. L’eccessivo utilizzo di merendine e cibo pre confezionato, i pasti mangiati frettolosamente e in orari spesso poco consoni, uno stile di vita sedentario, l’eccessivo utilizzo di smartphone e videogiochi, spesso preferiti ai giochi all’aria aperta, il poco movimento, il consumo di bevande dolci (come succhi di frutta ricchi di zuccheri e bevande gassate), sono alcune delle principali cause del sovrappeso giovanile.
I numeri sono preoccupanti. L’obesità infantile è sempre più diffusa e tende a crescere e a coinvolgere un numero ancora più ampio di bambini. Secondo i recenti dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, sono circa 340 milioni i bambini e gli adolescenti, tra i 5 e i 19 anni, che soffrono di un eccesso di peso. Un problema che spesso non viene affrontato o che (nella stragrande maggioranza di casi) è sottovalutato. Alla luce degli ultimi dati, c’è chi ha deciso di cambiare la situazione e di dare una vera e propria svolta.
Una scuola ha studiato un vero e proprio cambiamento rivoluzionario, partendo dalla base: ovvero, dalla mensa scolastica: basta cibi ricchi di calorie, grassi o pieni di sostanze che fanno ingrassare. La nuova dieta degli studenti inizia con una sana e nuova abitudine alimentare, in grado di aiutare l’organismo a disintossicarsi e il metabolismo a funzionare nel miglior modo possibile. Ed i risultati sembrano dare ragione a presidi, insegnanti ed educatori scolastici.
Pollo con patate, insalata di carote e cavolo: sembra un pasto disintossicante, ma è il menu di una mensa scolastica di Rio de Janeiro, in Brasile, che sta cercando nuovi modi per combattere l’obesità infantile. Quasi un terzo dei bambini in Brasile è obeso, un’epidemia che i funzionari sanitari della città e i leader della comunità stanno cercando di affrontare in modi innovativi, arruolando mense scolastiche e portando il loro messaggio di alimentazione sana per strada. “Torta? Qui non c’è torta”, ride la cuoca Neide Oliveira mentre taglia le cipolle per i 650 studenti della scuola pubblica Burle Marx nel quartiere di Curicica, nella parte ovest di Rio.
Anche gli snack e i biscotti confezionati con additivi sono stati banditi dalla scuola. Una decisione presa di comune accordo con i politici della città, che hanno vietato a tutti gli istituti scolastici di preparare e vendere alimenti confezionati e ricchi di calorie nei distributori automatici e nei bar all’interno delle strutture. Il nuovo modo di servire il cibo sta riscuotendo i favori degli studenti, che stanno riscoprendo il sapore della frutta e della verdura brasiliana, che fino a poco tempo fa erano stati dimenticati: dalle patate dolci ai cachi, che molti bambini (non avendoli mai consumati) avevano scambiato per pomodori. La risposta ricevuta e la voracità con la quale i giovani stanno divorando i loro pasti, lasciano ben sperare gli organizzatori. “Mi piace tutto quello che fanno qui, e fa bene alla mia salute. A casa mangio un sacco di cibo spazzatura, come pizza e hamburger”, ha dichiarato ad un giornale locale Guilherme, un bambino di 15 anni.
“L’obesità infantile è un’epidemia, non solo in Brasile, ma in tutto il mondo”, ha dichiarato Marluce Fortunato, nutrizionista del governo della città di Rio. La capitale politica ed economica del Paese si è mossa per prima con una nuova politica legata al cibo, provando ad educare gli insegnanti e i responsabili delle mense scolastiche e chiedendo agli studenti di modificare le loro abitudini culinarie. Secondo i dati pubblicati dal ministero della salute brasiliano, oltre il 31% dei bambini e degli adolescenti brasiliani è in sovrappeso o obeso. Un recente studio dell’istituto Desiderata ha rilevato che oltre l’80% dei giovani tra i 5 e i 19 anni ha riferito di aver mangiato almeno un alimento ultra-processato il giorno precedente, come salsicce, bibite gassate e pasticcini.
“La scienza ha dimostrato che questi prodotti sono molto dannosi per la nostra salute e sono responsabili del 70% delle malattie croniche in tutto il mondo”, ha detto il pediatra Daniel Becker. E nei bambini, possono portare a un doppio problema: l’obesità combinata con la malnutrizione, che può danneggiare la capacità di apprendimento e la capacità di attenzione. Da quì nasce la sfida del governo e del ministero della salute: provare a cambiare le abitudini alimentari dei giovani e dei genitori. Secondo gli esperti, gli alimenti preconfezionati sono spesso realizzati con ingredienti progettati per “creare dipendenza dalle papille gustative” e hanno un vantaggio di mercato rispetto ai prodotti naturali data la loro distribuzione di massa e i prezzi più convenienti, afferma Becker.
Seduto accanto a Guilherme, il suo amico Lucas, 14 anni, sta banchettando con il suo pollo, riso e fagioli. Ma ammette che dopo la scuola compra regolarmente patatine all’aperto. Secondo i nutrizionisti, un ruolo fondamentale per cercare di risolvere o per lo meno limitare il problema, deve arrivare dai genitori “È più facile educare i bambini piccoli. Una volta stabilito il modo di pensare di una persona, è una sfida introdurre nuovi concetti”, conferma Fortunato, che cita un esempio chiaro: un padre di un alunno si è infatti lamentato con la scuola perchè suo figlio (dopo averli provati in classe) avevo chiesto alla famiglia di evitare i succhi di frutta e di sostituirli con spremute e prodotti naturali. “Se i genitori sono i primi a non voler cambiare la situazione – continua – come possiamo pensare di risolvere il problema?”.
Tuttavia, alcuni adulti riescono a cambiare. All’età di 60 anni, nonna Vera Lucia Perreira ha scoperto le verdure biologiche e se ne è innamorata. “Non sono solo salutari, sono gustose”, dice. “Mia nipote di sette anni mangia già meglio” rispetto alle generazioni precedenti, conferma. Perreira è una delle 160 donne coinvolte in un progetto chiamato Favela Biologica, lanciato 13 anni fa per trasformare le abitudini alimentari nel quartiere povero di Babilonia. Il progetto organizza laboratori per i residenti e utilizza anche approcci creativi, come ricette salutari dipinte con graffiti sulle strade del quartiere. La fondatrice Regina Tchelly lavora anche con le scuole. La sua missione: far sì che i bambini abbiano cinque colori di cibi naturali nei loro piatti. “Insegniamo alle persone a fare il burro di avocado” e le “uova di Barbie” – tinte di rosso con le barbabietole, dice.
L’imprenditrice 42enne è autorice di un libro di cucina che l’anno scorso ha vinto il più importante premio letterario del Brasile, il Jabuti, nella categoria economia creativa. A livello nazionale, una campagna pubblicitaria ad alta visibilità lanciata a marzo cerca di aumentare la consapevolezza dei rischi per la salute degli alimenti ultraprocessati, arruolando celebrità ed esperti per spargere la voce. La campagna, chiamata “dolce veleno” (“doce veneno”, in portoghese), vuole che il governo tassi gli alimenti ultraprocessati e utilizzi i proventi per sovvenzionare quelli salutari. “È difficile cambiare, ma questo non significa che le persone debbano essere prigioniere delle loro idee”, afferma Perreira. “Dobbiamo aprire le loro menti per guardare in modo diverso al cibo, per il bene del nostro futuro”.
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