Il critico russo, sopravvissuto a due tentativi di avvelenamento, si trova in un carcere siberiano. La stampa tedesca ha pubblicato una lettera nella quale spiega la sua condizione attuale
Molti lo hanno già definitivo il “nuovo Navalny”. Ha contestato apertamente il regime di Vladimir Putin e sta pagando in prima persona per non essersi allineato alle politiche del Cremlino. È sopravvissuto a due tentativi di avvelenamento, presumibilmente da parte del servizio di sicurezza russo, e sta attualmente scontando una condanna a 25 anni di carcere in una colonia penale in Siberia per “alto tradimento” e “diffusione di disinformazione”.
Vladimir Kara-Murza (42 anni), sta facendo parlare di se. La sua drammatica storia, ricorda per filo e per segno quella del politico ed intellettuale morto in un carcere in Siberia il 16 febbraio scorso, dopo aver passato anni in carcere ed essere sopravvissuto a tentativi di avvelenamenti. Le sue parole hanno avuto una grande risonanza mediatica ed hanno portato il mondo intero ad interrogarsi sulle sue condizioni e sulla sua fine. Ha scritto una lettera, pubblicata dal quotidiano tedesco “Bild”, dalla prigione in cui è rinchiuso. L’unico modo con il quale riesce a mantenere i contatti con il mondo esterno.
L’arresto, il trasferimento nel carcere di massima sicurezza e l’isolamento
E’ stato arrestato l’11 aprile 2022, e da quel momento ha potuto parlare una sola volta al telefono con sua moglie e due volte con i suoi tre figli. L’unico vero rapporto che è riuscito ad instaurare con i suoi familiari e con le persone che si stanno appassionando alla sua vicenda. La Russia lo ha accusato di “disinformazione” e lo considera un traditore. E’ stato processato, arrestato e condotto nel carcere di massima sicurezza IK-6 nella città siberiana di Omsk. Alla fine di gennaio era scomparso da due settimane. In seguito si scoprì che era stato trasferito in un’altra prigione, con un regime più rigido, nella stessa città (IK-7).
Le autorità russe avevano spiegato che il trasferimento si era reso necessario per il suo carattere irrequieto, che lo aveva portato a non rispettare il regime carcerario. Nella nuova struttura (che lo ospita attualmente) fu subito messo in isolamento, in una cella di tre metri per quattro, con una sola finestra (piccolissima e con le sbarre) ed un letto attaccato alle pareti. Vladimir Kara – Murza prova a tenersi vivo camminando su e giù per i quattro metri della sua cella, nella quale è presente anche un piccolo tavolo. Legge e, quando gli viene data la possibilità, prova a scrivere. Chiede continuamente della carte e delle penne, ma non sempre il suo desiderio viene esaudito.
“Esco dalla mia cella per un’ora e mezza e poi mi viene permesso di camminare in cerchio nel cortile della prigione”, scrive a BILD. “Non è molto più grande di una cella, ma si può vedere il cielo attraverso il reticolo soprastante. Poiché il sole splende un po’ più spesso, a volte i gatti vengono a sedersi sul tetto e io parlo con loro attraverso la grata”. Nella lettera ha parlato anche di Navalny e di come ha saputo della sua morte: “Dal momento in cui mi alzo al momento in cui vado a letto , dalle 5 del mattino alle 9 di sera, la radio è accesa nella mia cella. Di solito ascolto musica pop russa e c’è un telegiornale trasmesso una volta all’ora. Naturalmente, è solo propaganda. Dato che non posso spegnere fisicamente la radio, cerco di farlo mentalmente”.
“Avvelenato come Navalny: a me è successo due volte”
Il 16 febbraio scorso ha sentito alla radio il nome di Navalny e ha fatto fatica a credere a quello che ha sentito: “Sono subito corso all’altoparlante e ho sentito l’impensabile: ‘Perdita di coscienza dopo essere tornato da una passeggiata’ e ‘morto’. Dopodiché, niente di più, ancora una volta solo propaganda, come se nulla fosse accaduto”. La notizia lo ha colpito in modo profondo. Con Navalny condivideva le idee, la forte opposizione a Putin e l’essere riuscito a sopravvivere a diversi tentativi di omicidio in carcere. “Io stesso sono stato avvelenato due volte da agenti dell’FSB (le stesse persone che hanno avvelenato Alexei Navalny nel 2020)”, continua. “Molti dei miei colleghi e compagni sono in prigione come me, per essersi opposti a Putin e alla sua guerra in Ucraina. Comprendiamo perfettamente che il governo può fare di noi quello che vuole”.
“Non ho paura: il padrino di mia figlia ucciso davanti al Cremlino per le sue idee”
Nonostante tutto, Vladimir Kara-Murza, dichiara di non avere paura: “Sarebbe strano nella mia situazione”, scrive ancora nella lettera pubblicata adlla Bild. “Sono stato nella politica russa per più di vent’anni e mi sono opposto al regime di Putin in tutti questi anni. Conosciamo il prezzo del dissenso nella Russia di oggi. Il mio amico, insegnante e padrino di mia figlia, Boris Nemtsov, è stato ucciso a colpi di arma da fuoco nove anni fa sul ponte proprio di fronte al Cremlino”.
L’unica sua vera, grande preoccupazione, è per la famiglia.Sua moglie Yevgenia e i loro tre figli vivono negli Stati Uniti per motivi di sicurezza. “Vendicarsi, non solo degli oppositori politici ma anche delle loro famiglie, fa parte della tradizione sovietica”, scrive, ed è una cosa che lo terrorizza. Kara-Murza ha iniziato la sua carriera come giornalista e in seguito è entrato in politica in Russia. Ha anche lavorato per l’organizzazione politica “Russia aperta” dell’uomo d’affari russo in esilio Mikhail Khodorkovsky. Si impegna a favore dei diritti umani e della democrazia in Russia.
Nei giorni scorsi, in un’altra lettera, aveva ricordato che “tutti i russi che si esprimono pubblicamente contro Putin e contro la guerra vengono puniti in prigione. Secondo le stime più caute, i detenuti politici in Russia sono centinaia, mentre il numero totale di russi che hanno affrontato condanne amministrative o penali dal 2018 per aver esercitato il loro diritto alla libertà di parola sono 116mila, secondo una recente inchiesta giornalistica. Ci sono stati più processi politici nell’ultimo mandato di Putin che sotto i leader sovietici Nikita Krushchev e Leonid Brezhnev insieme”.