Il suo caso scatenò polemiche a non finire, ma aveva ragione lui e i giudici d’Appello ordinano al Comune di riassumerlo immediatamente, di pagare gli stipendi arretrati e risarcirlo
Da simbolo dei “furbetti del cartellino” a lavoratore serio e integerrimo. E’ la storia e la verità del vigile di Sanremo Alberto Muraglia. Chi non ricorda il caso del vigile che timbrava in slip? Un caso che ha rovesciato quasi un intero comune e creato polemiche su polemiche. Il povero vigile, ed è proprio la definizione giusta considerato come è finita, era stato pizzicato dalle telecamere poste dalla Guardia di Finanza mentre timbrava il cartellino in mutande, in realtà si trattava di un dipendente modello. Già perché non solo è stato assolto dall’accusa di truffa, ma al Comune di Sanremo è stato intimato di riassumerlo riconoscendogli gli stipendi arretrati e anche un risarcimento.
Il vigile Alberto Muraglia era stato assolto già in diverse situazioni, ma il Comune di Sanremo non ne voleva sentire le ragioni di reintegrarlo. Muraglia però non si è mai arreso ed è andato avanti in ogni situazione per far riconoscere i suoi diritti. C’è voluta la sezione Lavoro della Corte d’Appello di Genova a ordinare il comune di Sanremo che “deve reintegrarlo e gli deve corrispondere “a titolo di risarcimento del danno” la retribuzione globale “dal giorno del licenziamento a quello dell’effettiva reintegra“. Inclusi i contributi attuali e arretrati, hanno scritto i giudici.
Una somma che si aggira sui 250mila euro, senza dimenticare che il vigile Muraglia è stato licenziato il 22 gennaio 2016. Tutto nacque da una inchiesta della Guardia di finanza che rese evidente, grazie all’installazione di alcune telecamere nascoste, la figura del ‘furbetto del cartellino’ nel comune di Sanremo portò il 22 ottobre 2015. Ci fu un blitz degli agenti, tanto che vennero notificate 43 misure cautelari di cui 34 arresti domiciliari, 8 obblighi di firma.
Alcuni indagati, patteggiarono soprattutto i dipendenti sorpresi in flagranza di reato, anche perché c’era perfino chi andava a fare la spesa o si allenava in canoa dopo aver timbrato il cartellino. Un processo che ha visto condannati diversi dipendenti, di questi 16 sono stati rinviati a giudizio e 10 processati, e assolti. E tra questi c’è Alberto Muraglia a cui è stato riconosciuto il suo comportamento integro e inappuntabile nel lavoro, anche perché lui sì timbrava in mutande, ma era perché aveva la possibilità di farlo avendo la macchina del budge in casa, dopodiché si metteva la tuta e andava a lavorare. “Mi è capitato di smontare dal servizio, di arrivare a casa e ricordarmi di non aver timbrato. Per evitare di rivestirmi sono andato a strisciare il badge anche in pigiama” aveva detto il vigile al magistrato.
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