In una intervista rilasciata al quotidiano “Corriere della Sera’ è intervenuto il comandante dei Ros, Pasquale Angelosanto. Quest’ultimo ha rivelato in che modo ha catturato Matteo Messina Denaro ed altri boss
Dietro tutti ai suoi importanti arresti, nella buona parte dei casi, ha utilizzato solamente un metodo: quello di ‘Dalla Chiesa‘. A rivelarlo al ‘Corriere della Sera‘ ci ha pensato direttamente Pasquale Angelosanto. Il generale e comandane dei Ros che, lo scorso 16 gennaio, ha arrestato l’ex latitante Matteo Messina Denaro. A poche ore dalla pensione ha voluto ripercorrere una piccola parte della sua carriera.
Non c’è stato solamente il boss di Castelvetrano, ma anche quello della camorra Carmine Alfieri. Un avvenimento che molto difficilmente può dimenticare: “Lo catturammo l’11 settembre del 1992. Nonostante fosse ricercato da nove anni solo per il lotto clandestino, sapevamo che era diventato il capo della camorra vesuviana”. Non un periodo facile per il nostro Paese visto che, proprio in quell’anno, ci sono state moltissime stragi di mafia come quelle di Capaci (morte Giovanni Falcone) e via D’Amelio (Paolo Borsellino).
Queste sono state alcune delle sue dichiarazioni al noto quotidiano: “Era un periodo di grande tensione e pressione, ma anche di grande impegno e spinta ideale. Si lavorava secondo il metodo Dalla Chiesa. In cosa consiste? Nello studio approfondito del contesto, per inquadrare il singolo delitto nell’ambito in cui è maturato. Ci vuole tempo e tanta pazienza, ma alla fine i risultati arrivano”.
Dopo il trasferimento a Roma: “Scoprii la prima ‘ndrina distaccata della ‘ndrangheta nel Lazio, tra Anzio e Nettuno”, poi “la mattina del 20 maggio 1999, la scena dell’omicidio del professor Massimo D’Antona indicava un agguato di matrice terroristica senza che ci fossero organizzazioni in attività da oltre dieci anni”.
Poi la svolta di pochi mesi fa con la cattura di Messina Denaro. Il tutto grazie ad un ‘pizzino’ nascosto in casa della sorella. Una operazione molto complicata: “L’ho vissuta con la continua paura di commettere errori. Ci stavamo avvicinando, ma bisognava evitare il minimo sbaglio. Negli ultimi tre giorni avevamo quasi la certezza che dietro il nome di Andrea Bonafede ci fosse Messina Denaro, ma finché lui non ha ammesso di esserlo non sono stato tranquillo. E’ stata una soddisfazione indescrivibile, insieme all’improvviso calo di tutta la tensione accumulata”.
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