Importante decisione, da sempre auspicata dalla premier, da parte della Commissione europea che finalmente propone nero su bianco una lista di paesi di sicura provenienza per i migranti
L’idea di Paese di origine sicuro è importante per la trattazione delle domande di asilo e anche se ogni richiesta deve essere analizzata singolarmente, chi proviene da un Paese sicuro potrà essere sottoposto a una procedura accelerata, della durata massima di tre mesi, cosa che velocizzerà anche i rimpatri. Una proposta da mesi portata avanti dal nostro Presidente del Consiglio soprattutto dopo l’apertura dei due centri di rimpatrio in Albania.
Ora è ufficiale e potrebbe cambiare definitivamente le eventuali procedure di rimpatrio. La Commissione Europea infatti ha stilato la prima lista Ue dei Paesi di origine, comprensiva di sette Stati. Bangladesh, India, Egitto, Tunisia, Marocco, Colombia e Kosovo, nel quadro di un emendamento del regolamento sulla procedura di asilo già presente del Patto sulla migrazione in vigore dal 2026.
Ci sono anche l’Egitto e il Bangladesh tra i sette Paesi d’origine designati dalla Commissione Ue come “sicuri” per il rimpatrio dei migranti, nell’elenco figurano anche la Colombia, la Tunisia, il Marocco, India e il Kosovo. Questa la cosiddetta lista dei paesi per i quali il rimpatrio sarà considerato più agevole da parte di quelle nazioni che hanno visto arrivare i migranti sulle proprie coste. Una procedura fortemente voluta dal nostro governo e finalmente diventata esecutiva dalla Commissione europea, con il preciso obiettivo di trattare più rapidamente le eventuali domande di asilo.
Nella proposta infatti, la “procedura accelerata” prevede che la richiesta di asilo vada esaminata entro un termine di tre mesi contro i sei mesi normalmente previsti. In altre parole, sarà più facile e rapido arrivare al decreto di rimpatrio di un migrante irregolare proveniente da quei Paesi. La Commissione ha inoltre spiegato come alla base della scelta dei sette Paesi ci sono vari criteri, a cominciare dal bassissimo tasso di richieste di asilo accettate, intorno o sotto il 5% del totale. Ha inoltre spiegato che la lista Ue sarà obbligatoria per tutti gli Stati membri, pur sussistendo a fianco delle liste nazionali che rimangono valide.
La proposta fatta oggi dalla Commissione europea è stata salutata con grande soddisfazione dal governo italiano, soprattutto sulla scorta delle polemiche e delle varie sentenze di tribunale, dopo l’apertura dei centri migranti in Albania e i primi rimpatri effettuati dal nostro paese. “La proposta costituisce anche un successo del governo italiano che ha sempre lavorato sia a livello bilaterale sia multilaterale per ottenere la revisione del regolamento” ha affermato infatti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi che ha poi anche sottolineato la soddisfazione nel trovare “nella lista compaiono anche Egitto, Tunisia e Bangladesh, analogamente a quanto aveva previsto l’Italia, non senza polemiche e contrapposizioni politiche strumentali e puramente ideologiche”.
Il governo Meloni ha spinto molto per cercare di dare un ordinamento molto preciso alla questione, per tentare di risolvere un annoso problema che affligge da anni il nostro paese. “Accolgo con grande soddisfazione la proposta di lista UE Paesi sicuri di origine presentata dalla Commissione europea e che ricomprende, tra gli altri, anche Bangladesh, Egitto e Tunisia” ha affermato infatti oggi la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. “È un’ulteriore conferma della bontà della direzione tracciata dal Governo italiano in questi anni e del sostegno di sempre più Nazioni europee. L’Italia ha svolto e sta svolgendo un ruolo decisivo per cambiare l’approccio europeo nei confronti del governo dei flussi migratori. Se oggi anche in Europa ci si pone come priorità la difesa dei confini esterni, vuol dire che siamo sulla buona strada”, ha concluso la premier.
La lista presentata a Bruxelles, una volta approvata dai co-legislatori (Parlamento europeo e Consiglio Ue), diventerà obbligatoria per tutti gli Stati membri. Questi ultimi potranno tuttavia continuare a mantenere e applicare i propri elenchi nazionali, integrandoli con altri Paesi d’origine “sicuri”.
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