Assurda decisione del tribunale nei confronti di un ragazzo ritenuto colpevole di violenza, aggressione e sfruttamento della prostituzione
Episodio di violenza domestica terribile, così come la gestione giudiziaria. Sono state prese delle scelte a dir poco discutibili, in effetti, in merito a una vicenda che vede coinvolto un giovane di 22 anni di Olen. Questi è stato condannato a 24 mesi di carcere, ma con sospensione della pena, nonostante il suo comportamento brutale.

Durante una relazione durata due anni, infatti, non ha “solo” aggredito fisicamente la compagna. L’ha anche costretta a prostituirsi, agendo come se fosse il suo protettore e sfruttando il rapporto a fini economici. Eppure, nonostante tutto questo, nonostante le gravi ferite fisiche e nonostante un trauma profondo lasciato nella vittima, questa persona non finirà in galera. Una scelta che lascia spazio a molti interrogativi.
La vicenda è venuta alla luce il 25 dicembre 2023, quando una pattuglia ha intercettato una donna visibilmente sconvolta a Koeistraat, ad Arendonk (Belgio). La vittima ha riferito di ripetute aggressioni subite e di un atteggiamento intimidatorio da parte del giovane. Questo ha fatto emergere una serie di abusi continuativi, che l’hanno portata più volte al pronto soccorso.
A seguire sono venuti fuori tutti gli altarini: l’aggressore ordinava alla compagna di prostituirsi, organizzando in modo sistematico l’attività e trattenendo metà dei guadagni, in un chiaro atto di sfruttamento che va ben oltre la mera violenza domestica.
La clamorosa decisione del giudice
Durante il processo, il giovane ha ammesso di avere “un problema di aggressività”, una confessione che non giustifica in alcun modo i suoi atti, ma che è stata usata dal tribunale per attenuare la pena. E qui sorge il nodo: la condanna a 24 mesi con sospensione, pur essendo una decisione tecnica, appare inaccettabile di fronte alla gravità dei fatti.

È difficile comprendere come un simile comportamento, che ha causato danni fisici e psicologici irreparabili, non debba portare a una vera detenzione. La sospensione della pena, infatti, sembra quasi un invito a non prendere sul serio il problema della violenza contro le donne, lasciando un messaggio ambiguo sia alla vittima che alla società.
Il giudice ha motivato la decisione con l’assenza di nuovi episodi e con la convinzione che l’imputato potesse essere riabilitato, ma a molti appare un tentativo di minimizzare un abuso palese. In un sistema giudiziario che dovrebbe proteggere i più deboli, una scelta del genere alimenta il senso di impunità, trascurando il fatto che la violenza domestica, specialmente quella associata a sfruttamento economico, richiede risposte più decise. Questo, al contrario, sembra invece un premio.