Nel corso di una intervista che ha rilasciato al quotidiano “La Repubblica” è intervenuto Claudio Signorile. Quest’ultimo ha fatto chiarezza sulla telefonata della morte di Aldo Moro
Si ritorna a parlare di una delle vicende più importanti e drammatiche che ha visto, come protagonista, il nostro Paese: ovvero quello del rapimento e poi dell’uccisione di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse. A dire il vero se ne è parlato nel corso dell’ultima puntata di ‘Report’, programma condotto da Sigfrido Ranucci. In quella occasione era intervenuto Claudio Signorile, all’epoca vicesegretario del Partito Socialista Italiano. Ne ha parlato anche alla ‘Repubblica‘ dove ha confermato il tutto.
Si ritorna a parlare della famosa chiamata (avvenuta nello studio di Francesco Cossiga) a cui aveva assistito almeno ora prima del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro. Una telefonata che continua a ripetere da anni e, soprattutto, dopo i drammatici fatti. Queste sono alcune delle sue parole: “Zanda che parla di un racconto non vero? Io non ricordo della sua presenza in quell’ufficio. Di questa cosa ne ho parlato subito con il pm alla mia prima deposizione. Cossiga era vivo e non fu mai smentito e corretto“.
Signorile afferma di non ricordarsi bene di chi fece la chiamata tra il prefetto o il questore. Poi aggiunge: “Il mio consiglio è quello d leggere sempre gli atti. Se c’è stata una distanza di qualche ora tra il ritrovamento e la sua comunicazione ufficiale, di cui fui testimone, vuol dire che il discorso non è stato né limpido e né trasparente. Sentir parlare dell’apparecchio di una “nota personalità ritrovata” mi colpì parecchio“.
Signorile ha confermato che si stava per aprire una trattativa con le stesse Brigate Rosse. Ed invece, purtroppo, non se ne fece nulla: “All’interno del gruppo c’era un componente che voleva chiudere la faccenda in maniera politica per la liberazione. Ed invece, ad averla vinta, fu la parte violenta. Speravo che il tutto si potesse concludere in maniera positiva“.
“Se ci ripenso ho una grande angoscia. Il giorno prima della sua morte chiamai Craxi. Sapevo che potevo essere intercettato. Lo avvertii che Fanfani era d’accordo ad aprire la trattativa e che la nostra azione umanitaria si stava concretizzando. Molto probabilmente questo fu un segnale di non ritorno“.
Non esclude che qualcuno dall’esterno possa aver avvertito le Br: “Credo che ci sia stato un esisto imposto dall’esterno. Fu un intreccio tra grande politica internazionale e terrorismo. Probabilmente nel novembre del ’78 i comunisti sarebbero entrati nel governo“.
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