Cristiana Capotondi in un’intervista a ‘Il Messaggero’ ritorna sulla morte di Giulia Cecchettin e ribadisce la necessità di un cambio di cultura in Italia.
La morte di Giulia Cecchettin ha scosso l’intera Italia e riapre la questione sulla necessità di intervenire per mettere fine ai femminicidi. Tragedie che per Cristiana Capotondi, attrice e imprenditrice, seguono ormai una stessa linea. “Purtroppo sono storie che si ripetono – sottolinea una delle protagoniste del nostro cinema in un’intervista a Il Messaggero – a volte mi chiedo come sia possibile che le persone coinvolte non si accorgano di alcuni elementi riconoscibili e dei segnali. E’ come se non fosse possibile sottrarsi questo meccanismo”.
Sui segnali di allarme la Capotondi non ha dubbi: “Il gesto violento lo è sempre. E non intendo solo la sopraffazione fisica, ma anche psicologica, che è solitamente il sassolino in cima alla montagna che solitamente viene sottovalutato e poi difficilmente i ferma“.
“A volte si accetta persino lo schiaffo”
Per la Capotondi il problema è rappresentato dal fatto che la donna in alcune occasioni “arriva ad accettare persino lo schiaffo perché si è convinte di meritarselo. A me non piace chi racconta le donne sempre e solo come vittime. Loro hanno forza, determinazione e capacità di andarsi a prendere ciò che vogliono dalla vita“.
“Sono perfettamente in grado di fronteggiare la primissima aggressività dell’uomo – aggiunge l’attrice – ma non devono cadere nella trappola di accettare tutto. La tragedia sta anche nel male che le donne fanno a se stesse quando non reagiscono a certi comportamenti del compagno“.
“Bisogna analizzare i testi della musica trap”
Cristiana Capotondi sottolinea come “la scuola può avere un ruolo fondamentale magari con un percorso di educazione sentimentale, ma non solo. Ci vorrebbe anche una analisi che aiuti a capire cosa scatti nelle persone in questi casi: sia dall’una che dall’altra parte“.
L’attrice invita anche ad analizzare i “testi della musica trap con l’aiuto di qualche esperto. Questo sarebbe già un inizio. La donna oggetto, purtroppo, non è un qualcosa che riguarda il secolo scorso“.