Avrebbe avuto un malore mentre era ai domiciliari da ottobre perché accusato di essere uno dei vertici di un’organizzazione che realizzava dossieraggi illegali.
E’ morto Carmine Gallo, per tutti, nell’ambiente della polizia, il centravanti per la sua ferocia di chiudere le indagini e trovare i colpevoli. Per questo era definito da tutti un “super-poliziotto” perché quando c’era lui sui colpevoli, non c’era quasi scampo. Ma Gallo, da qualche mese a questa parte, era finito agli arresti domiciliari dal 25 ottobre 2024 perché accusato di essere al vertice di un’organizzazione criminale che realizzava e disponeva di dossier illegali.
Carmune Gallo aveva 66 anni Carmine Gallo e dopo una lunga e onorata e celebrata carriera nello Stato era finito a fare un dirigente importante di un’agenzia investigativa, la “Equalize”, finita al centro di una maxi-inchiesta della procura di Milano. Ora sulla sua morte ci sono tante storie, dal complotto, ma era inevitabile per quello che è successo anzi che poteva e può ancora succedere, fino alla morte naturale.
Ed è su questo che si stanno basando le indagini in un primo momento, anche perché secondo quanto ricostruito finora, il decesso sarebbe avvenuto nella notte per un possibile infarto fulminante che lo ha colpito nella sua abitazione a Garbagnate Milanese e l’ha lasciato senza scampo e senza possibilità di rimediare con una corsa in ospdeale.
Chi era Carmine Gallo, quanti arresti illustri
Quando è avvenuto tutto questo era insieme alla moglie che avrebbe confermato il malore, ma è stato comunque disposta l’autopsia. A seguire il caso, molto importante per quello che è successo e soprattutto per quello che sapeva Carmine Gallo, il procuratore capo Marcello Viola, con la pm di turno Giancarla Serafini.
Ad essere informato su quanto è avvenuto il pm Francesco De Tommasi, titolare con il collega della Dna Antonio Ardituro dell’inchiesta sui dossieraggi. Carmine Gallo era nato a Gragnano, in provincia di Napoli e la sua storia in polizia è stata leggendaria, tanto che ha arrestato e fatto arrestare tante persone, con indagini che sono passate alla storia.
Entrato in polizia nel 1978, molto della sua carriera la deve ad indagini importanti e ad arresti chiave come quelli sulla ‘ndrangheta al Nord. E’ stato colui che ha risolto dopo mesi il delitto Gucci e sarebbe stato colui che avrebbe fatto pentire il latitante della malavita Saverio Morabito. Per tutti, anche per i tantissimi successi ottenuti, era definito il “centravanti” per il suo modo di portare avanti le indagini.
Da poco il tribunale del Riesame di Milano aveva fissato la data dell’udienza per lui e gli altri principali indagati dell’inchiesta sugli hacker. L’accusa più grave: associazione per delinquere finalizzata all’accesso abusivo a sistema informatico. La curiosità è che ad aprile sarebbero decorsi i termini per la custodia domiciliare e sarebbe tornato in libertà, in attesa del processo e dell’ennesimo interrogatorio.
“Non mi mettete in difficoltà, non posso dire nulla, c’è il mio avvocato”, disse lo scorso ottobre, appena dopo l’interrogatorio con il gip e a poche ore dall’arresto. Si era avvalso della facoltà di non rispondere rilasciando però dichiarazioni spontanee. A chi gli diceva di essere sorpreso nel vederlo in tribunale nella veste di indagato, rispondeva: “È la vita”. Aggiungendo: “Sono un servitore dello Stato, dimostrerò la mia innocenza”.
