Aveva negato di celebrare la festa ed il rito del Ramadan, adesso il sindaco ne paga le conseguenze: non sono mancate le polemiche
Una decisione, quella del primo cittadino, che ha scatenato delle inevitabili polemiche. Una vicenda che non è affatto passata inosservata. Tanto è vero che in quel di Cantù (provincia di Como) non si sta parlando d’altro se non della decisione presa da parte di Alice Galbiati. Quest’ultima è il sindaco della città lombarda. La stessa che dovrà pagare delle spese legali dal valore di 500 euro per aver negato il regolare svolgimento della festa pubblica del Ramadan in un capannone industriale nella periferia della città .
Questa è la decisione presa direttamente dal Tar di Milano che ha accolto il ricordo presentato dall’associazione culturale “Assalam“. Di questa vicenda ne aveva parlato anche l’avvocato del centro islamico che dichiarò: “Il diniego è illegittimo perché prevale il diritto di culto, ma l’amministrazione continua a negarlo”. Una sentenza emessa nel mese di marzo, ma con tanto di obbligo del pagamento degli oneri legali arrivato proprio nelle ultime ore. Successivamente, però, le celebrazioni musulmano del “digiuno sacro” si erano svolte regolarmente fino all’8 aprile.
Anche il sindaco ha voluto esprimere il proprio pensiero in merito alla sanzione che le è stata inflitta. Precisando di non essere assolutamente d’accordo con la decisione presa dal Tar ma che, allo stesso tempo, la rispettano. Aggiungendo, tra l’altro, che il capannone situato in via Milano non era “consono” per poter ospitare delle manifestazioni religiose. In merito al suo “no” la prima cittadina aveva ricevuto la solidarietà e la vicinanza da parte di alcuni personaggi appartenenti al mondo della politica.
A partire dall’europarlamentare ed appartenente alla Lega, Angelo Ciocca: “Decisione dettata dalla tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza. Questo verdetto è ingiusto e preoccupante, in quanto mina l’autonomia decisionale degli amministratori locali, che dovrebbero poter agire nell’esclusivo interesse della propria comunità “.
Anche dal governo parole di solidarietà come quelle del sottosegretario al ministero dell’Interno, Nicola Molteni: “Tar e Consiglio di Stato hanno stabilito che il capannone di via Milano non può essere un luogo di culto, ed è singolare che lo stesso Tribunale continui a consentire la preghiera“.
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