Senigallia. Leonardo Calcina, prima del suicidio, ha lanciato un SOS finale: “Mamma, voglio andare via dalla scuola. Non ce la faccio più”
Non ci si dà pace per la tragica morte del 15enne di Senigallia. Sebbene in un primo momento la sua fuga con la pistola d’ordinanza del padre abbia fatto temere per la sicurezza degli studenti delle scuole della cittadina emiliana, nel giro di poche ore gli inquirenti hanno trovato il suo corpo senza vita ed hanno subito capito che dietro a quell’evasione c’era un altro scopo, quello di togliersi la vita. Ora Senigallia e tutt’Italia piangono Leonardo Calcina: ancora una volta, pesa l’ombra del bullismo.
Aveva dato la buonanotte ai genitori ed era andato a letto ma, di fatto, in camera sua non ci è mai arrivato. Leonardo, infatti, ha aperto la cassaforte, ha preso la Beretta di ordinanza del padre ed è scappato, dirigendosi a compiere ciò che probabilmente aveva già deciso: togliersi la vita. Fin da subito si è parlato del bullismo, del quale era vittima dal primo giorno in cui era arrivato nel nuovo istituto: negli ultimi sette messaggi Whatsapp inviati alla mamma Viktoryia si legge tutto il dolore di ciò che stava provando.
L’ultima richiesta di aiuto
Leonardo sapeva che il bullismo era una battaglia da combattere con i propri genitori e con l’aiuto dei professori e, infatti, non aveva tenuto per sé il suo dramma, ma si era aperto sia in famiglia, sia a scuola. A canzonarlo e a prenderlo di mira anche fisicamente tre compagni di classe, di cui due ragazzi ed una ragazza iscritti come lui all’istituto turistico alberghiero Panzini di Senigallia. Il 15enne aveva provato a rivolgersi loro con le buone, chiedendo di smetterla e di lasciarlo in pace ma, non ottenendo alcun risultato, aveva deciso di rivolgersi all’insegnante di sostegno presente in classe, svelando tutto il suo disagio.
“Mamma, ho parlato col prof di sostegno gli ho detto che voglio andare via dalla scuola” si legge in uno degli ultimi sette Whatsapp che Leonardo ha inviato ala mamma, al quale fa eco un secondo messaggio nel quale il 15enne rivela però che il professore “…non fa nulla, non mi ascolta, ha detto che la scuola fino a 16 anni è obbligatoria“. “Non ce la faccio più” aggiunge, rivelando un dolore profondo che forse solo in questi ultimi giorni si è svelato alla scuola e ai professori in tutta la sua crudele realtà.
Cosa gli facevano
Sia papà Francesco che mamma Viktoryia avevano notato i cambiamenti d’umore del figlio e si erano mossi attivamente nell’ascolto e nella tutela del 15enne, che si era aperto con loro svelando tutti i disagi che provava quotidianamente. “Sempre lo stesso gruppetto di compagni era solito toccarlo, strizzargli i capezzoli in palestra, dargli botte nelle sue parti intime, manate che se anche non date con forza elevata il dolore si sente comunque” svela il padre del ragazzo, aggiungendo anche che alla base di queste violenze c’era la presa in giro per la presunta gestualità femminile del 15enne.
“Non aveva atteggiamenti omosessuali e dal nostro punto di vista era un ragazzo eterosessuale, ma anche se così non fosse stato sia chiaro che per noi non ci sarebbero stati problemi” aggiunge il padre, rivelando quindi un ambiente famigliare privo di pressioni nel quale un’eventuale omosessualità non sarebbe stata un problema, cosa che invece non si può dire dell’ambiente scolastico.