Il rapporto sul “cambiamento trasformativo” di un gruppo di esperti delle Nazioni Unite sulla biodiversità lancia l’allarme: bisogna evitare la distruzione del pianeta
La biodiversità della Terra sta vivendo un declino senza precedenti. Il pianeta sembra avviarsi verso un punto di non ritorno. A confermarlo è il nuovo rapporto della Piattaforma Intergovernativa di Scienza-Politica sulla Biodiversità e i Servizi Ecosistemici (IPBES). Questo invita a un radicale cambiamento sociale per arginare questa deriva.
Il documento è stato elaborato da un gruppo di esperti delle Nazioni Unite. Questi hanno evidenziato come il consumo eccessivo nei paesi più ricchi, la disuguaglianza nella distribuzione di ricchezze e una progressiva disconnessione della società dalla natura siano tra le cause principali della devastazione ecologica. Arun Agrawal, uno degli autori principali, ha dichiarato: “Non si tratta solo dei governi o del mondo degli affari. È una responsabilità collettiva: dobbiamo agire tutti insieme”.
Il rapporto offre tre esempi concreti di trasformazioni che dimostrano come un cambiamento positivo sia possibile, anche in contesti difficili.
Il primo di questi nasce virtualmente nel 2002, quando la Spagna affrontò uno dei peggiori disastri ambientali della sua storia. Si parla della celebre petroliera Prestige, che si spezzò versando tonnellate di greggio lungo le coste della Galizia. Da quella tragedia, le comunità di pescatori locali avviarono un esperimento di gestione collaborativa di una riserva marina, coinvolgendo pescatori, scienziati e autorità locali.
Il progetto, chiamato “Os Minarzos”, è diventato un modello globale. Oggi, la zona vanta una pesca più sostenibile, un aumento delle specie marine, redditi più elevati per i pescatori e una maggiore fiducia nelle istituzioni locali. Questa iniziativa ha inoltre ispirato linee guida internazionali, promuovendo pratiche sostenibili tra milioni di pescatori in Europa e nelle Americhe.
Le altre due trasformazioni necessarie
Altro esempio emblematico di innovazione tecnologica arriva dalla Cina,. Si tratta dell’app Ant Forest, il più grande progetto privato di piantagione di alberi del paese. Questa applicazione premia gli utenti per comportamenti ecologicamente sostenibili, come utilizzare meno plastica o andare al lavoro a piedi. I punti accumulati si trasformano in alberi virtuali, che l’organizzazione si impegna a tradurre in alberi reali.
Dal 2016, il progetto ha piantato oltre 548 milioni di alberi in 13 province cinesi. Una mossa che contribuito a combattere il degrado ambientale e creando nuove opportunità di lavoro nelle aree rurali. “È un modello che unisce ecologia e innovazione sociale”, si legge nel rapporto.
Arriviamo infine in Kenya. Lì c’è la Nashulai Maasai Conservancy, che rappresenta un approccio rivoluzionario alla conservazione. Il progetto si basa sulle conoscenze tradizionali delle comunità indigene, combinando la protezione ambientale con lo sviluppo socioeconomico.
La riserva non solo ha riportato la biodiversità nella regione. Ha creato abcge un ambiente dove esseri umani e fauna selvatica convivono armoniosamente. Attraverso iniziative come la pulizia dei fiumi e la piantumazione di alberi, la comunità locale ha dimostrato che è possibile coniugare progresso e rispetto per la natura.