Proseguono senza sosta le indagini sull’omicidio di Sharon Verzeni, la 33enne barista uccisa la notte tra il 29 ed il 30 luglio scorsi.
“Spero che prendano il killer. Ma non ho idea di chi possa essere. Se lo sapessi, andrei dritto dai carabinieri. Non riesco a capire, voglio sapere”. A parlare è il fidanzato di Sharon, Sergio Ruocco, idraulico di 37 anni. La coppia viveva a Terno d’Isola, in provincia di Bergamo, da tre anni. L’uomo, che al momento del delitto era in casa ed il cui alibi è stato più volte confermato, è stato ascoltato già due volte dai carabinieri come persona informata sui fatti.
I militari, coordinati dalla Procura della Repubblica, stanno cercando di ricostruire il contesto nel quale è avvenuto l’omicidio. Un delitto a tratti inspiegabile avvenuto in via Castegnate. La donna è anche riuscita a chiamare il 112, dicendo: “Aiuto! Sono stata accoltellata“. È poi stata rinvenuta a terra ed è stata trasportata in codice rosso all’ospedale “Papa Giovanni XXIII” di Bergamo, dove è deceduta. Dall’autopsia è emerso che Sharon Verzeni è stata colpita da quattro coltellate, tre delle quali risultate mortali, e che non è riuscita a difendersi.
Ruocco, che ora vive a casa dei genitori di Sharon, ha dichiarato al quotidiano La Repubblica che la compagna era uscita a passeggiare mentre lui dormiva. La villetta dove abitavano è sotto sequestro. “Non ci credo ancora al fatto di non svegliarmi più alla mattina con lei. – ha detto il 37enne – Mi dà fastidio pensare che non potremo più sposarci, che non potremo avere un figlio. Volevamo un bambino. Non faccio che chiedermi: perché tutto questo è dovuto succedere proprio a noi?”.
Gli inquirenti sono al lavoro su due binari paralleli. Il primo è rappresentato dalle telecamere di sorveglianza. I carabinieri stanno analizzando le immagini di circa 60 telecamere pubbliche e private della zona, purtroppo di scarsa qualità. 20 le sagome riprese dalle telecamere di sorveglianza a cui gli investigatori stanno cercando di attribuire un’identità. Si tratterebbe di persone in auto, a piedi e in bicicletta. Gli esperti in crimini violenti del Ros sono stati chiamati per fornire tecnologie che consentono di rendere più nitide le immagini.
Il secondo binario riguarda invece le tracce di Dna riscontrate sugli abiti e sui campioni prelevati durante l’autopsia sul corpo di Sharon. Probabilmente è già noto se appartengono a un uomo o ad una donna. Circa 40 campioni di Dna sono stati già prelevati dagli inquirenti per la comparazione. Si tratta di profili genetici di familiari e abitanti della zona. Ma anche dei soccorritori, affinché siano esclusi dalle indagini. I carabinieri del Ris stanno analizzando i campioni. A diversi anni di distanza dai test fatti per il caso di Yara Gambirasio. Per quella vicenda sono stati condotti circa 22mila test, mentre nel caso di Sharon l’analisi è più mirata.
“Da allora le tecniche si sono raffinate, ma i marcatori sono gli stessi. – ha spiegato il genetista Giuseppe Novelli dell’Università di Roma Tor Vergata che ha coordinato la mappa del Dna di quello che allora era definito ‘Ignoto 1’ – Nel caso di Yara la situazione era molto difficile perché il colpevole avrebbe potuto essere una persona di passaggio. Analisi di questo tipo partono dal confronto con il profilo dei familiari, poi si calcola quanto il profilo individuale dedotto del Dna trovato sulla vittima sia frequente a livello di popolazione e poi ci avvicina progressivamente“.
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