L’autorizzazione per i permessi 104 può anche essere scaduta e l’INPS potrebbe punire il contribuente che non si mette in regola.
Innanzitutto, è importante chiarire una questione: l’autorizzazione per i permessi concessi dalla legge 104 non ha una scadenza automatica. L’autorizzazione rimane quindi valida finché non viene revocata. A parte ciò, l’INPS potrebbe sempre modificare l’impianto normativo che disciplina la concessione dei permessi e le procedure base valide per i rinnovi o le conferme dell’autorizzazione.
Per fruire dei permessi previsti dalla legge 104, il lavoratore dipendente, sia egli il soggetto fragile o il familiare che se ne prende cura, deve prima di tutto presentare opportuna domanda all’INPS. L’istituto valuterà l’istanza e deciderà se accoglierla. Dopodiché può arrivare la cosiddetta autorizzazione.
La domanda si completa attraverso il Modulo SR08_Hand 2, un modello reperibile anche dal portale web dell’INPS. Come anticipato, l’autorizzazione non ha una vera e propria scadenza specifica, eppure si sente spesso parlare di autorizzazione per i permessi 104 scaduta e di procedure di rinnovo. In quale senso?
La fattispecie può nascere da un comportamento improprio da parte del lavoratore che gode dei permessi. Cioè che può sfruttare permessi retribuiti sotto forma di periodi di astensione dal lavoro, fino a 3 giorni al mese o 2 ore al giorno. Con ulteriore possibilità di ottenere un congedo straordinario retribuito, pari a due anni (che può essere richiesto anche in modo frazionato).
Per distrazione, dimenticanza o per deliberato tentativo di frode, il lavoratore potrebbe fruire dei permessi retribuiti a carico dell’INPS oltre la data di fine autorizzazione, che è indicata nel documento di accoglimento dei permessi. Capita perciò che ci siano giorni oppure ore di permessi fruiti illegittimamente dal dipendente, perché temporalmente collocati dopo la data di fine autorizzazione.
L’INPS controlla che ciò non avvenga e se si accorge che c’è stata una trasgressione fa partire le sanzioni. Il primo rischio è quello più verosimile e frequente: l’istituto chiede che tutti gli importi riconosciuti in cedolino vengano restituiti.
Perciò il datore di lavoro farà una trattenuta in busta paga nei confronti del lavoratore interessato, per recuperare tutti i soldi non spettanti, e poi dovrà versare all’INPS, tramite modello F24, le somme trattenute in cedolino. Dopo tale passaggio, il datore di lavoro dovrà anche rivedere la situazione del lavoratore, dato che i permessi goduti dovranno essere inquadrati in modo diverso sia in termini economici che previdenziali.
Per questo i permessi sfruttati senza diritto si trasformeranno in ferie, permessi retribuiti in sostituzioni di ex-festività, permessi ROL o riposi compensativi. Quanto al lavoratore, con l’autorizzazione scaduta, dovrà provare a rinnovarla presentando una nuova domanda all’INPS.
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