Dal 63enne arrestato per aver ascoltato podcast contro Putin, al poeta seviziato per aver letto strofe contro la guerra, fino alla giovane rinchiusa in una struttura medica per un post sui social: le storie shock da Mosca
In attesa delle prossime elezioni, che porteranno alla conferma di Vladimir Putin alla guida del Paese per i prossimi sei anni, in Russia ci si interroga sulle condizioni in cui versano tutti gli oppositori del presidente. Nelle ultime settimane la stampa internazionale ha acceso i riflettori sulla sorte di numerosi prigionieri, scovando le storie che li hanno portati in carcere e provando a capire le loro attuali condizioni.
Dopo la morte di Alexei Navalny, primo oppositore di Vladimir Putin e rimasto vittima durante la sua prigionia in un carcere in Siberia, c’è grande apprensione per la sorte di uomini e donne che nel corso degli ultimi anni sono stati arrestati dalle forze di sicurezza per aver espresso un parere critico sull’operato del Cremlino. Un’escalation che ha avuto il suo culmine da febbraio del 2022, quando partì l’occupazione in Ucraina.
Alcune storie sembrano assurde, quasi inventate: come quella di un uomo, imprigionato per aver creato una radio amatoriale, nella quale ha messo in onda delle trasmissioni critiche nei confronti di Putin; o quella del poeta aggredito durante una recita, per aver letto una poesia contraria all’invasione in Ucraina. Fino all’arresto e all’internamento in una struttura psichiatrica di una donna, che sui social aveva provato a condannare l’intervento in Ucraina. La quasi scontata vittoria di Putin nelle prossime elezioni presidenziali, porterà il leader del Cremlino a raggiungere i 30 anni di regno. Che hanno trasformato la Russia nel Paese simbolo per la repressione del dissenso.
Il 63enne arrestato per aver creato una radio anti Putin
Politici all’opposizione, giornalisti, attivisti per i diritti umani: sempre più russi sono stati colpiti dalla polizia. Alcuni sostenitori dei diritti umani paragonano la portata del giro di vite, alla repressione degli anni ’60-’80, quando i dissidenti venivano perseguiti per “propaganda antisovietica”. La vicenda che ha visto come sfortunato protagonista Vladimir Rumyantsev, un uomo di 63 anni che lavorava come addetto in un impianto di lavorazione del legno a Vologda, una città a circa 400 chilometri a nord-est di Mosca, è clamorosa. L’anziano era solo, senza famiglia e aveva un hobby particolare. Trasmetteva (attraverso delle radiotrasmittenti) audiolibri ed audiogrammi. Ha creato una sorta di radio non convenzionale, nella quale diffondeva anche video prelevati da youtube e podcast.
La stragrande maggioranza dei messaggi che pubblicava, erano contrari al Cremlino e alla guerra in Ucraina. Ha anche condiviso sulla sua pagina di social network post in cui media e blogger indipendenti parlavano degli attacchi russi alle infrastrutture civili in Ucraina. Rumyantsev non intendeva raggiungere un pubblico radiofonico. Secondo il suo avvocato, Sergei Tikhonov, ascoltava certi messaggi nel suo appartamento. In una lettera scritta dal carcere e pubblicata dall’importante gruppo russo per i diritti OVD-Info, Rumyantsev ha dichiarato che “armeggiare e migliorare” le radio è stato il suo hobby fin dai tempi dell’Unione Sovietica, e ha deciso di avviare un’autodiffusione come alternativa alla TV di Stato russa, che trasmetteva sempre più “isteria patriottica”. A lui sembrava una soluzione tecnologica migliore degli altoparlanti Bluetooth, perché la radio poteva arrivare ovunque nel suo appartamento. Ma la sua attività sui social media lo ha fatto finire nel mirino delle autorità, che hanno scoperto la sua frequenza radio. Nel luglio 2022, la polizia ha arrestato Rumyantsev, accusandolo di “diffondere informazioni consapevolmente false” sull’esercito russo – un’accusa penale introdotta dalle autorità poco dopo l’invasione dell’Ucraina. Rumyantsev ha respinto le accuse e ha insistito sul suo diritto costituzionale di raccogliere e diffondere liberamente informazioni, afferma Tikhonov. La legge in base alla quale Rumyantsev è stato accusato ha di fatto criminalizzato qualsiasi espressione sulla guerra che si discostasse dalla narrazione ufficiale del Cremlino. Nel dicembre 2022 è stato condannato a tre anni di carcere. Tikhonov visita Rumyantsev di tanto in tanto in una colonia penale a circa 200 chilometri da Vologda e lo ha descritto come “calmo e resistente”, anche se la detenzione ha avuto un impatto sulla sua salute.
Ha detto che Rumyantsev ha deliberatamente scelto di parlare contro la guerra e si rifiuta di chiedere la libertà condizionata perché “è inaccettabile per lui ammettere la colpa, anche come formalità”. I media russi hanno parlato del caso contro Rumyantsev quando era in detenzione preventiva e ha iniziato a ricevere molte lettere di sostegno, ha detto Tikhonov. Alcuni sostenitori hanno versato del denaro sul suo conto in carcere, mentre altri hanno inviato delle provviste – soprattutto cibo, ma anche libri e articoli per l’igiene personale. “Oltre a rendere più facile la vita dell’uomo, questo gli ha fatto capire che non è solo e che ci sono molte persone che condividono gli stessi valori”, ha detto Tikhonov.
Il poeta arrestato e seviziato dopo aver letto dei versi anti Putin
Artyom Kamardin lavorava come ingegnere, ma la poesia è la sua passione. Amava partecipare agli incontri organizzati vicino alla statua dedicata a Vladimir Mayakovsky, poeta russo scomparso. In quelle occasioni aspiranti poeti leggevano in pubblico le loro opere. Gli incontri sono continuati anche dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Uno di questi è stato presentato come un recital “anti-mobilitazione”, alcuni giorni dopo che Putin aveva annunciato un richiamo parziale nell’esercito nel settembre 2022. Kamardin, 33 anni, ha recitato una poesia che condannava i ribelli sostenuti dalla Russia nell’Ucraina orientale. Il giorno dopo, la polizia con un mandato di perquisizione ha fatto irruzione nell’appartamento che condivideva con la moglie Alexandra Popova e un altro amico e ha preso il poeta in custodia. La polizia ha picchiato Kamardin, Popova e il loro coinquilino. Il poeta ha subito sevizie e violenze fortissime, secondo il racconto della moglie e del loro legale. E’ stata presentata una denuncia ufficiale, che però non ha portato a nulla. Le autorità hanno concluso che la polizia ha agito “nel rispetto della legge”, come riferito dal notiziario russo Sota. Per la coppia, l’esperienza è stata così traumatica che “non riusciamo ancora a parlarci apertamente” dell’accaduto, ha dichiarato Popova in un’intervista all’Associated Press. Oltre a Kamardin, la polizia ha arrestato altri due poeti che non lo conoscevano, né si conoscevano tra loro. Tutti e tre sono stati accusati di aver fatto telefonate che minacciano la sicurezza nazionale e incitano all’odio. Tutti e tre sono stati condannati a pene detentive. A Kamardin è toccata la pena più lunga, sette anni. “Nessuno dovrebbe essere in prigione per le parole, per la poesia”, ha detto Popova. La coppia si è sposata mentre Kamardin era in detenzione preventiva.
La 30enne internata per un posto contro la guerra
A differenza di decine di altri russi condannati per aver parlato contro la guerra in Ucraina e condannati a pene detentive, Viktoria Petrova, residente a San Pietroburgo, sta trascorrendo i suoi giorni in una struttura psichiatrica. A dicembre è stata condannata a sei mesi di trattamento non volontario, per un post sui social media che condannava l’invasione russa dell’Ucraina. Il suo avvocato Anastasia Pilipenko, ha affermato che i medici possono tenere Petrova lì per tutto il tempo che vogliono e prolungare il periodo a tempo indeterminato una volta scaduti i sei mesi. Quindi la sentenza “non può essere considerata una buona notizia”. Nel suo blog su Telegram, Pilipenko ha descritto Petrova, 30 anni, come “una ragazza normale” che “ha semplicemente condiviso i suoi pensieri sui social media”. “Vita ordinaria, palestra ordinaria, un gatto. Un lavoro ordinario in un ufficio non rilevante”, ha scritto l’avvocato. Il tribunale ha ordinato una perizia psichiatrica su Petrova dopo che altri detenuti del suo centro di detenzione preventiva hanno riferito che continuava a fare “propaganda contro la guerra”, ha dichiarato Pilipenko in un’intervista a un’emittente locale.
Petrova è stata dichiarata mentalmente instabile ed è stata internata in una struttura psicologica. A novembre, Pilipenko ha denunciato gli abusi subiti dal personale della struttura, affermando che gli operatori maschi hanno costretto la donna a spogliarsi, l’hanno spinta, l’hanno legata al letto dell’ospedale e le hanno iniettato farmaci che l’hanno resa incapace di parlare per due giorni. “Questo non dovrebbe accadere ai ‘prigionieri politici’, ai criminali, ai malati mentali, alle persone sane – a chiunque”, ha scritto Pilipenko su Telegram. La struttura non ha commentato le accuse, ma poco dopo averne parlato, ha scritto Pilipenko, gli abusi sono cessati.