Il criminologo Lavorino sul documentario dedicato al caso Yara: “Ogni tanto lo si fa per rinnovare un caso vecchio. Giusto o sbagliato? Difficile dirlo”.
Sta facendo molto discutere la serie Netflix sul caso di Yara Gambirasio. In cinque episodi si ripercorrono i diversi anni trascorsi dall’omicidio della 13enne alla condanna all’ergastolo di Massimo Bossetti. Un racconto che viene fatto attraverso le telefonate e le interviste effettuate a quei tempi, ma anche con le testimonianze dell’operaio edile di Mapello direttamente dal carcere e della moglie Marita.
Un taglio che non è assolutamente piaciuto alla famiglia di Yara. I genitori hanno parlato della volontà da parte della serie di rendere innocente Bossetti. Un’idea condivisa da molte altre persone, ma non da parte del criminologo Lavorino che ai nostri microfoni precisa: “Si può fare qualunque tipo di documentario per dimostrare la colpevolezza o no di una persona. Oggi i mass media hanno perso obiettività. Se notiamo lo schifo che hanno fatto le Iene per la questione dei Mottola dove hanno sposato da subito la linea colpevolista per avere audience. Ora cosa fanno: ogni tanto si prova a rinnovare un caso vecchio. Questo è quello che è successo con Bossetti. Se una persona è innocente è giusto, se è colpevole non lo è“.
Ai nostri microfoni Lavorino ripercorre anche il caso di Brembate ricordando che “il 26 febbraio 2011, il giorno del rinvenimento del corpo di Yara tracciai un profilo psico-esecutivo-comportamentale-logico-investigativo che coincideva con quello di Bossetti: artigiano, furgone, libertà di movimento, territoriale, timorato di Dio, problemi in famiglia ecc. Però era solo un profilo, quindi, uno strumento investigativo utile solo a direzionare le indagini“.
“Poi assolutamente la Corte avrebbe dovuto accettare tutte le richiesta di perizie della Difesa in modo da fugare ogni dubbio, invece il chiudere le porte alle perizie fa vivere ancora i dubbi – aggiunge il direttore del CESCRIN (Centro Studi Investigazione Criminale) – il Dna sul leggins della vittima è di Massimo Bossetti, ma nessuno ha dimostrato come ci sia andato a finire: errore di Bossetti assassino? Trasferimento casuale senza che Bossetti sia coinvolto? Nel momento qualcuno volle incastrare Bossetti prendendo una bottiglietta o altro col suo Dna e strofinando l’oggetto su Yara? Non si sa!“.
“Non è stato dimostrato che l’apposizione di tale Dna nucleico sia contestuale all’azione aggressiva, ma nemmeno sono state prodotte alternative da parte della Difesa: tutto è ambiguo e incerto, e sono antipatiche alcune forzature che ci sono state da parte dell’Accusa. La questione del DNA mitocondriale è un errore iniziale che poi è esploso. Sicuramente la Corte aveva il dovere di disporre alcune perizie e di seguire le piste indicate dalla Difesa e da altri, così siamo sempre in stallo. E’ ovvio che Bossetti si dichiari innocente perché se lo è deve farlo, se è colpevole deve farlo lo stesso, altrimenti resta in carcere schifato da tutti, famiglia e amici compresi“, conclude Lavorino.
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