Ha tentato di far entrare un cellulare in cella, nascondendolo nelle sue parti intime. Era convinto di essere riuscito a realizzare il suo obiettivo. Ma poi…
Pensava di averla fatta franca. Si era procurato un telefono cellulare e lo aveva nascosto dove non batte il sole, con la speranza di riuscire a farlo entrare in carcere, evitare il controllo dei poliziotti e portarlo all’interno della sua cella. Durante un colloquio, era riuscito a farsi consegnare un apparecchio cellulare e per tentare di evitare i controlli lo aveva nascosto nell’ano. Ma il suo tentativo è stato comunque scoperto.
Il maldestro tentativo di un detenuto in una delle case circondariali abruzzese, è solo uno dei tanti casi che i responsabili della polizia penitenziaria sono costretti ad affrontare. Ogni giorno nelle carceri italiane (anche a causa del sovraffollamento), gli agenti sono costretti a vivere situazioni al limite. Nelle ultime ore, tra tentativi di introdurre telefoni cellulari all’interno delle mura carcerarie, rivolte, sommosse e aggressioni, la polizia penitenziaria è stata costretta agli straordinari.
Donato Capece, segretario generale del SAPPE (il sindacato autonomo della Polizia Penitenziaria), conferma in esclusiva ai nostri microfoni, la soddisfazione per il lavoro del personale delle forze dell’ordine, chiamate a gestire l’emergenza nella struttura di Castrogno a Teramo. Nella casa circondariale infatti, i detenuti hanno tentato una piccola rivolta, sperando poi nella confusione generata di portare all’interno del carcere numerosi apparecchi cellulari e dosi di sostanze stupefacenti. Il personale di polizia (seppur in condizioni di emergenza, con numerosi agenti in licenza forzata), è riuscito a calmare le acque e a sequestrare droga e cellulari.
Secondo il segretario generale del Sappe, la situazione vissuta nel carcere abruzzese rappresenta la quasi normalità. I numeri dei detenuti che fanno uso di sostanze stupefacenti, è infatti altissimo: “Secondo i recenti dati – conferma – nelle carceri del nostro Paese il 30% circa dei detenuti è tossicodipendente ed anche più del 20% degli stranieri ha problemi di droga, nonostante l’Italia sia un Paese il cui ordinamento è caratterizzato da una legislazione all’avanguardia per quanto riguarda la possibilità che i tossicodipendenti possano scontare la pena all’esterno, i drogati detenuti in carcere sono tantissimi”.
Interpellato dalla nostra redazione, Capece conferma che la Polizia Penitenziaria è chiamata quotidianamente a combattere una “battaglia silenziosa per evitare che dentro le carceri italiane si diffonda uno spaccio sempre più capillare e drammatico, stante anche l’alto numero di tossicodipendenti tra i detenuti. Noi riteniamo sia preferibile che i detenuti tossicodipendenti, spesso condannati per spaccio di lieve entità, scontino la pena fuori dal carcere, nelle comunità di recupero, per attuare ogni sforzo concreto necessario ad aiutarli ad uscire definitivamente dal tragico tunnel della droga e, quindi, a non tornare a delinquere. Spesso, i detenuti tossicodipendenti sono persone che commetto reati in relazione allo stato di malattia e quindi hanno bisogno di cure piuttosto che di reclusione”.
Ai problemi legati allo spaccio e alla detenzione di sostanze stupefacenti, si legano anche quelli relativi ai tentativi continui di introdurre i cellulari in cella. Un modo per continuare ad intrattenere rapporti con l’esterno o per portare avanti la gestione di affari. Sempre nel carcere di Teramo, un detenuto è stato fermato mentre tentava di portare un telefonino, nascondendolo nel proprio ano. Nonostante il tentativo piuttosto incauto, l’uomo è stato fermato dai poliziotti, che hanno scoperto le sue intenzioni. “Solo grazie all’alta professionalità dei Baschi Azzurri della Polizia penitenziaria che ancora una volta si è riusciti a garantire la sicurezza interna degli istituti ed è positivo avere appreso dai vertici del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria che gli appelli lanciati dal SAPPE da tempo sarebbero stati finalmente raccolti tanto che si sta lavorando al progetto di schermatura degli istituti, proprio per neutralizzare l’utilizzo dei telefoni cellulari e scoraggiarne l’introduzione, garantendo così quella prevenzione che, in casi di questo tipo, può risultare più efficace della repressione”.
Il problema legato all’utilizzo dei telefoni cellulari in cella, è da sempre tra i più caratterizzanti all’interno delle carceri italiane. Ogni giorno sono decine i rinvenimenti da parte delle forze dell’ordine. Operazioni che, secondo Capece, “fanno comprendere come l’attività di intelligence e di controllo del carcere da parte della Polizia Penitenziaria diviene fondamentale. E’ sempre e solo grazie all’alta professionalità dei Baschi Azzurri della Polizia penitenziaria che ancora una volta si è riusciti a garantire la sicurezza interna degli istituti ed è positivo avere appreso dai vertici del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria che gli appelli lanciati dal SAPPE da tempo sarebbero stati finalmente raccolti tanto che si sta lavorando al progetto di schermatura degli istituti, proprio per neutralizzare l’utilizzo dei telefoni cellulari e scoraggiarne l’introduzione, garantendo così quella prevenzione che, in casi di questo tipo, può risultare più efficace della repressione”.
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