Terra dei fuochi, una ferita aperta: interviene direttamente l’Europa

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha emesso una sentenza riguardo la Terra dei Fuochi che pesa come un macigno sulle spalle dell’Italia

L’Italia non ha protetto quasi tre milioni di persone dal rischio inquinamento nella Terra dei Fuochi. È questa la durissima sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha condannato il nostro Paese per la violazione dell’articolo 2 della Convenzione europea sui diritti umani.

Protesta Terra dei Fuochi
Terra dei fuochi, una ferita aperta: interviene direttamente l’Europa (Ansa Foto) – Cityrumors.it

Si parla, nel dettaglio, di quello che tutela il diritto alla vita, estendendolo anche alle questioni ambientali e sanitarie. Un atto d’accusa pesante, che certifica il fallimento dello Stato nel garantire sicurezza e salute ai cittadini di un’area martoriata da anni di sversamenti illeciti e roghi tossici.

La CEDU parla chiaro: il rischio è “sufficientemente grave, effettivo, accertabile e imminente”. L’Italia avrebbe dovuto intervenire con determinazione, senza farsi frenare dalla “mancanza di certezza scientifica circa gli effetti precisi che l’inquinamento potrebbe avere sulla salute”. Non lo ha fatto con la dovuta “diligenza”, mancando l’obbligo di adottare tutte le misure necessarie. Una negligenza che la Corte non ha esitato a stigmatizzare, denunciando l’assenza di “una risposta sistematica, coordinata e strutturata”.

La condanna non si limita a un richiamo morale. L’Italia ha due anni di tempo per rimediare, mettendo in campo azioni concrete e verificabili. Roma dovrà preparare una strategia complessiva per affrontare il disastro ambientale della Terra dei Fuochi, istituire un meccanismo di monitoraggio indipendente e creare una piattaforma pubblica per informare la cittadinanza. Tre pilastri fondamentali per provare a sanare una ferita aperta da troppo tempo.

Cosa deve fare adesso l’Italia nella Terra dei Fuochi

La strategia dovrà essere articolata e coinvolgere tutti i livelli dello Stato, dal locale al nazionale, per evitare frammentazioni e scarichi di responsabilità. Servirà una mappatura chiara dell’inquinamento su suolo, acqua e aria, con un piano concreto per la gestione dei rischi sanitari e il contrasto allo smaltimento illegale di rifiuti. Non basteranno annunci generici: la Corte chiede tempistiche precise a breve, medio e lungo termine, con risorse adeguate per ogni fase del processo. Inoltre, il monitoraggio dovrà essere costante, aggiornando le aree inquinate e verificando l’efficacia degli interventi di decontaminazione.

Militari nella Terra dei Fuochi
Cosa deve fare adesso l’Italia nella Terra dei Fuochi (Ansa Foto) – Cityrumors.it

A vigilare su tutto ci sarà un meccanismo di controllo indipendente, che dovrà garantire trasparenza e autonomia rispetto alle istituzioni. Questo organismo dovrà includere membri della società civile privi di legami con lo Stato, monitorare il rispetto delle scadenze e pubblicare periodicamente i risultati delle proprie valutazioni. Un cambio di passo necessario per evitare che tutto si risolva in una nuova sequenza di promesse mancate.

Infine, l’informazione ai cittadini. La sentenza della CEDU impone la creazione di una piattaforma accessibile al pubblico. Questa presenterà aggiornamenti costanti sui rischi sanitari e ambientali, le misure adottate e lo stato di avanzamento degli interventi. Un portale, insomma, che dovrà offrire trasparenza e rendere i cittadini partecipi di un processo di risanamento che non può più attendere.

Ora il tempo scorre. La sentenza della CEDU ha fissato le scadenze e dettato le regole. L’Italia è chiamata a rispondere con i fatti, perché nella Terra dei Fuochi il diritto alla vita non può più essere calpestato dall’indifferenza e dall’inerzia delle istituzioni.

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