Fa discutere la sentenza della Corte d’Appello dell’Aquila sul terremoto del 2009. Una decisione che conferma quanto deciso in primo grado.
Sono trascorsi ormai più di 15 anni da quel tragico 6 aprile 2022 e oggi è arrivata una sentenza destinata assolutamente a far discutere per diverso tempo. La Corte d’Appello dell’Aquila si è pronunciato su uno dei tanti processi civili per i decessi del sisma e la decisione dei giudici è stata inaspettata e ancora una volta destinata ad aprire un dibattito oltre che una polemica.
Secondo quanto riferito da Il Centro, citato da La Repubblica, in secondo grado è stato confermato il pronunciamento di primo grado che scagionava la Presidente del Consiglio da ogni responsabilità per la morte dei sette studenti. E non è assolutamente finita qui: i familiari delle vittime non solo non avranno il risarcimento perché hanno assunto una “condotta incauta“, ma dovranno anche pagare le spese legali. Una cifra intorno ai 14mila euro. Una sentenza assolutamente inaspettata e che è destinata a tenere banco ancora per diverso tempo.
Ricorso in Cassazione
Con questa sentenza i giudici confermano che le cause dei decessi dei giovani sono da ricercare nelle scelte fatte dalle stesse vittime e non da una gestione dell’emergenza approssimativa. La decisione della Corte d’Appello, infatti, scagiona la Commissione Grandi Rischi che cinque giorni prima del tragico sisma aveva lanciato dei messaggi rassicuranti dopo una riunione.
Naturalmente la vicenda non è assolutamente finita qui e la battaglia dei familiari continuerà nei prossimi mesi. Ci sarà quasi sicuramente un ricorso in Cassazione per vedere ribaltata una sentenza che, come spiegato in precedenza, è destinata a far discutere per molto tempo.
La versione dei giudici
Secondo quanto riferito da Il Centro, per i giudici non ci sarebbero delle prove certe sulle rassicurazioni da parte della Commissione Grandi Rischi e, quindi, mancherebbe il famoso nesso causale per attribuire la responsabilità di natura civile. Le giovani vittime non sarebbe stati condizionati e, di conseguenza, rassicurati dagli esperti.
Una sentenza che quindi conferma a grandi linee quanto deciso in primo grado. Ora nelle prossime settimane saranno pubblicate le motivazioni e i legali delle famiglie molto probabilmente ricorreranno in Cassazione per cercare di avere giustizia.