Test d’ingresso, scoppia la polemica presentata da una studentessa di Torino: “Tende a discriminare gli studenti con disturbi dell’apprendimento”
Gli ultimi dati emanati dal Ministero dell’Istruzione parlano chiaro: quasi 300mila sono gli studenti che soffrono del disturbo dell’apprendimento. Dal 2010 al 2019 i numeri sono decisamente aumentati passando dallo 0,9% al 4,9%. Tra i disturbi in questione troviamo: dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia. Ne parla chiaramente una legge, quella n° 170. Cosa prevede? Che gli studenti con DSA abbiano diritto a strumenti didattici e tecnologici specifici come calcolatrici, mappe concettuali e altro.
Strumenti che, nel passaggio all’Università, possono venire meno. Un fatto che può andare ad incidere sul percorso degli studenti, ricevere un voto basso o anche essere umiliati. In questo modo rinuncerebbero ad una carriera ed altro. Questo è quello che una studentessa di Torino, classe 2005, ha subito. Non si è arresa ed ha deciso di presentare ricorso. Questo è quello che ha fatto sapere l’avvocato Giorgio Vecchione.
Test d’ingresso, studentessa di Torino fa ricorso al Tar
Per il legale non ci sono dubbi: è più un problema di lacuna applicativa che di normativa. Senza dimenticare anche il Decreto Ministeriale n. 5669 del 2011. Cosa prevede? Alunni in questione possono beneficiare di un tempo aggiuntivo “pari ad un massimo del 30% per prepararsi alla prova“. Non solo: offre agli atenei la possibilità di consentire “l’utilizzo di specifici strumenti compensativi quali calcolatrice non scientifica, video-ingranditore o affiancamento di un lettore scelto dall’ateneo“. Solo che non tutte le Università sono d’accordo.
La studente piemontese, anni 19, pronta a diplomarsi al liceo classico con ottimi voti sta per prendere questa battaglia legale. Ne ha parlato nel corso di una intervista che ha rilasciato all’agenzia di stampa “Open“: “Ho scoperto molto tardi di essere dislessica e anche leggermente discalculica. È accaduto in seconda liceo, grazie alla mia prof di latino, che ha riconosciuto alcuni sintomi che presentava anche sua figlia. Quando l’ho scoperto la mia vita è molto cambiata: mi vergognavo ma è stata anche una liberazione“. Ha già sostenuto il test d’ingresso al Politecnico di Torino, senza schemi né altro.
L’Università ha spiegato che questo divieto è dovuto al fatto che molte domande sono contenute negli stessi documenti che la studentessa avrebbe dovuto utilizzare. Il risultato è stato basso. Una chiusura che l’ha fatta sentire a disagio. Adesso vuole provare il test di medicina all’Università di Torino. E’ molto agitata visto che fa fatica a ricordarsi formule ed altro. Per evitare problemi ha deciso di presentare un ricorso al Tar contro l’ateneo e il Ministero dell’Istruzione. Appuntamento a domani, mercoledì 8 maggio.