Il penitenziario di Trapani è al centro di un terremoto. I carcerati hanno fatto confessioni puntuali e le telecamere non mentono: cos’è successo
Il penitenziario Cerulli di Trapani è al centro di un’indagine che, ancora una volta, parla di torture messe in atto da chi lavora in carcere a danno dei detenuti. Nello specifico, le accuse vanno dal falso ideologico alla tortura, passando per l’abuso di autorità: al momento 11 agenti sono agli arresti domiciliari, 14 hanno subito la sospensione dal pubblico ufficio e, in totale, 46 sono sotto inchiesta.
Per capire l’origine dell’indagine bisogna tornare indietro al 2021, quando alcuni detenuti del penitenziario di Trapani avrebbero sporto alcune denunce in merito a dei maltrattamenti subiti in alcuni punti del carcere strategicamente sprovvisti di telecamere. Anche una volta installati i dispositivi di sicurezza, però, le torture sarebbero proseguite e gli occhi elettronici avrebbero registrato tutto. Ecco qual è il punto della situazione.
Le denunce presentate nel 2021 da alcuni detenuti hanno dato il via all’indagine che oggi ha portato al coinvolgimento di ben 46 agenti. Dopo le dichiarazioni dei carcerati, infatti, nei luoghi da loro indicati come teatri delle violenze sono state installate delle telecamere che, come ci si aspettava, hanno ripreso quanto avevano già confessato di aver subito. A condurre le indagini è il Nucleo Investigativo Regionale di Palermo con il Nucleo Investigativo Centrale e l’esito è chiaro: diversi agenti hanno messo in atto comportamenti vessatori e violenze fisiche nei confronti di alcuni detenuti in modo reiterato nel corso del tempo.
Su richiesta della Procura, quindi, il Gip di Trapani ha emesso un’ordinanza che è stata poi eseguita dal Nucleo Investigativo Regionale nei confronti degli agenti di Polizia Penitenziaria oggi sospesi o messi agli arresti domiciliari: non si esclude, però, che nelle prossime ore il numero di agenti coinvolti aumenti.
Il tema della violenza in carcere, messa in atto da parte delle guardie sui detenuti, non è purtroppo nuovo. Il caso più famoso in Italia è quello di Stefano Cucchi, per la cui morte avvenuta il 22 ottobre 2009 al Sandro Pertini di Roma la Corte di Cassazione ha condannato in via definitiva i due carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, con l’accusa di omicidio preterintenzionale.
Senza arrivare all’omicidio, però, anche nella cronaca più recente ci sono casi di violenze in carcere. Ne sono un esempio gli arresti di aprile 2024 nei confronti di due agenti della Polizia Penitenziaria in forze al carcere minorile Beccaria, che hanno poi contribuito a determinare il clima di rivolte interne al penitenziario che poi ha dominato la cronaca nei mesi successivi.
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