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Cronaca

Un femminicidio trasformato in una tesi di laurea

La storia di Maria Elisabeth Rosanò è diventata una tesi di laurea. La 25enne si è laureata con una tesi sulla violenza di genere. Ad ispirarla, ciò che era successo quando lei aveva 6 anni: l’omicidio di sua madre per mano del padre, che la uccise sparandole con un fucile da caccia.

Anja , mamma defunta di Elisabeth

 Maria Elisabeth si è laureata in sociologia, oggi ha 25 anni, ormai sono passati troppi anni da quel giorno fatidico che le ha segnato per sempre la sua vita. Anja, la mamma tedesca fu uccisa dal marito quasi 20 anni fa.

La donna ebbe tre figli proprio da quell’uomo che le tolse la vita.

Oggi Maria Elisabeth è fotomodella, ballerina e animatrice e vive a Girifalco insieme ai suoi genitori adottivi.

E’ stata la tua storia che ti ha spinta a presentare questa tesi: “Violenza di genere nel contesto domestico calabrese”?

Si è stata la mia storia, il mio vissuto a voler dedicare la tesi a mia madre e parlare della violenza di genere , nello specifico il fenomeno del femminicidio.

Cosa pensi del femminicidio di Giulia Cecchettin?

Del femminicidio di Giulia, penso che ancora oggi continuano ahimè a succedere questi episodi brutti. Ma soprattutto ancora oggi che siamo nel 2024 quasi, si vive in un contesto sociale che incita alla violenza e al menefreghismo.

Torniamo alla tua storia. Cosa ricordi di quel giorno in cui tua madre ti saluta per l’ultima volta?

Sono stata in orfanotrofio dall’età di 6 anni all’età di 8. Un giorno ricordo che vennero questi due signori che oggi sono i miei genitori adottivi e si sono presentati come amici di quelli che ci guardavano , io per farmi piacere a loro gli mostrai la pagella di scuola, con voti miseri perché a scuola non andavo molto bene. Dopo un po’ di giorni mi hanno confermato che sarei andata via con loro. È oggi sono 17 anni che vivo con loro.

Elisabeth Rosanò da bambina

Sei stata per anni in orfanotrofio. Quando e come conosci i tuoi genitori adottivi Domenico e Mirella?

I miei fratelli sono stati fino a 18 anni in casa famiglia e poi si sono dovuti rimboccare le maniche, trovarsi un lavoro e crearsi una famiglia . Loro non hanno avuto la stessa fortuna di me .

Qual è la sofferenza più grande per un bambino che vive in orfanotrofio?

La sofferenza maggiore per un bambino nel vivere in un orfanotrofio è non ricevere amore da una famiglia, sentirsi abbandonato, sentirsi non accettato.

Come si può rimediare alla problematica del femminicidio?

Secondo me per prevenire agli episodi di femminicidio bisogna parlarne, far conoscere un problema che si vive alla persona più cara che si ha vicino, ma soprattutto non perdonare mai, non sperare mai in un cambiamento, capire dal primo segnale che è un amore malato e denunciare .

Cosa ti auguri per il futuro, lavorativamente parlando?

Mi auguro di poter aiutare a tutte le donne vittime di femminicidio e dare a loro un supporto morale e psicologico, ma soprattutto dargli una forza così grande da uscirne vittoriose.

 

 

Rita Sberna

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