Una veterinaria invece di procedere con l’eutanasia prova a sedare e curare il gatto in segreto, ma le cose per lei finiscono male
Un rimprovero – niente di più – che ha fatto notizia quello subito da un’esperta veterinaria che nel lontano 2021 ha deciso di ‘portarsi il lavoro a casa’. Janine Parody stava lavorando in uno studio a Framlingham nel Suffolk, in Inghilterra, quando viene sottoposto alla sua attenzione un piccolo gattino di otto mesi. L’animale soffriva di un problema alla pelle, reputato incurabile e il proprietario aveva accettato di lasciarlo andare. Quella mattina, però, Parody non trovò il coraggio. Dopo essersi sottoposta più volte nell’arco della giornata all’eutanasia di questi poveri animali, non era riuscita a fare la stessa iniezione mortale anche a Shadow.
La felicità nel volto del gattino, infatti, l’aveva spinta a cercare una cura. Parody riteneva che l’animale fosse in realtà curabile e, invece di toglierli la vita lo addormentò. A quel punto la veterinaria ha rimosso il microchip al suo interno e l’ha portato a casa propria dove ha cercato di curarlo. Secondo quanto riporta il The Guardian, però, al proprietario nei giorni seguenti sarebbe arrivata la clamorosa notizia. Questo la prese con sorpresa ed euforia e accettò di riprendere il gatto. Quando però alcuni mesi dopo le sue condizioni peggiorarono e fu costretto al gesto estremo, Parody si è dimesso e su di lei venne avviata un’indagine.
Il processo e l’esito
Un lungo processo che si è concluso solo tre anni dopo. Un tribunale del Royal College of Veterinary Surgeons ha deciso di limitarsi a un rimprovero alla veterinaria per “condotta professionale oltraggiosa”. A questa, infatti, è stato riconosciuto di aver svolto il proprio lavoro in “circostanze estremamente stressanti” a causa della pandemia. Inoltre, il tribunale ha anche riconosciuto che Parody aveva erroneamente supposto che il gatto non avesse più un proprietario a causa di alcuni problemi di comunicazione al momento del rilascio. Nel corso dell’udienza la stessa veterinari ha preso parola, esprimendosi così con massima sincerità:
“Il pentogetto farmacologico (il farmaco per l’eutanasia, ndr) era già pronto. Quando sono entrata nella stanza, sono stato accolta da un dolce gatto giovane, che sembrava in salute, tranne che per la sua condizione della pelle. Quella mattina avevo già praticato l’eutanasia due volte di seguito… e quando ho visto un giovane gatto felice, semplicemente non potevo sopportare un’altra eutanasia”. Nonostante i dieci anni di professione, Parody ha raccontato le complessità nell’attuare un gesto del genere. Motivo per cui questa, davanti agli occhi dolci e la gioia del gatto, non è riuscita a farlo per una terza volta.