Un dossier realizzato dagli esperti ha risposto alla domanda che numerosi genitori si pongono da tempo: “A che età possiamo affidare uno smartphone ai nostri figli?”
A che età può essere giusto affidare uno smartphone ai nostri figli? E quando si può considerare normale aprire loro dei profili sui principali social network? Il dibattito anima da sempre le discussioni familiari? Molti adolescenti chiedono ed ottengono un telefono cellulare sin dalla scuola elementare. E molti di loro sono già attivi sui social network, chattando, scambiando foto e impressioni con i propri amici.
Ma i rischi sono dietro l’angolo. La mancanza di controllo e la possibilità di comunicare con chiunque (anche con chi ha intenzioni non pacifiche) scoraggia molti genitori ad affidare ai minori dei telefoni. Anche quando le richieste si fanno sempre più pressanti. In Italia psicologi e terapisti dell’età evolutiva, hanno consigliato un uso moderato degli apparecchi cellulari. In altre nazioni, c’è chi ha fatto di più. I responsabili politici di tutto il mondo hanno cercato di fare i conti con l’uso della tecnologia da parte dei bambini, alcuni cercando di imporre divieti di accesso ai social media o costringendo i bambini a ottenere il consenso dei genitori.
I social media possono avere un forte impatto in particolare sui giovani, portando, in alcuni casi, al suicidio e all’esposizione a contenuti pericolosi. Uno studio recente ha rilevato che i giovani che possedevano smartphone nella scuola elementare hanno riportato una peggiore salute mentale in età adulta. Alcuni hanno faticato a socializzare con i pari età, altri hanno evidenziato delle difficoltà di apprendimento a scuola. Numeri che impressionano e che hanno portato alcuni Stati a prendere posizione.
A prendere posizione è stato anche l’Ospedale pediatrico Bambin Gesù, che ha recentemente pubblicato una serie di consigli ai genitori, ricordando che numerosi studi hanno confermato che l’utilizzo precoce e prolungato di dispositivi elettronici come lo smartphone, può comportare gravi conseguenze, in particolare:
In Francia, il presidente Emmanuel Macron ha chiesto a una commissione di esperti di valutare l’impatto dell’esposizione allo schermo sui giovani e di formulare raccomandazioni. E’ stato redatto un lungo dossier di oltre 140 pagine, che è stato pubblicato a distanza di tre mesi dall’inizio dello studio. Il rapporto è stato nominato “Bambini e schermi: alla ricerca del tempo perduto”, e si è concluso con un giudizio eloquente, che non lascio adito ad interpretazioni. Secondo gli esperti, ai bambini dovrebbe essere vietato l’uso degli smartphone fino al compimento dei 13 anni e dei social media fino ai 18 anni. Per quanto riguarda i bambini piccoli, la raccomandazione è di non esporre quelli sotto i 3 anni ai cellulari e ha consigliato di passare a un’esposizione moderata e controllata solo dopo i 6 anni.
Vietato quindi lasciare i propri figli piccoli davanti allo schermo di un telefono mentre si è a cena, o “stordirli con una serie di canzoncine e colori che riempiono gli schermi degli smartphone”. La commissione francese, composta da 10 membri, ha incontrato quasi 150 giovani e ha intervistato più di un centinaio di esperti e professionisti, tra cui Google, Meta, TikTok, X, YouTube, Snapchat e i portavoce di Samsung.
La commissione ha invitato i ricercatori a portare avanti i loro studi sull’impatto degli schermi sullo sviluppo neurologico dei bambini e sugli algoritmi di dipendenza, affermando che la nozione di “dipendenza da schermo” non è ancora riconosciuta dalla scienza. Ha anche affermato che i bambini devono essere meglio protetti dalle tattiche dell’industria tecnologica per attirare la loro attenzione e sfruttare i loro pregiudizi cognitivi. “Non possiamo accettare che i bambini diventino merci, bersagli di notifiche infinite, incollati a sistemi di ricompensa progettati da scienziati comportamentali per essere irresistibili, con il tempo libero che diventa altamente digitalizzato”, ha affermato la commissione. E ha aggiunto: “Ovunque i bambini cadano preda dei meccanici di clausura, dobbiamo respingerli”. Ha anche affermato che i suoi risultati sono intesi come un primo passo verso l’emergere di una politica pubblica “offensiva” e “coerente”.
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